Poche tutele, lavoro spesso sotto pagato e perfino un’ingente sommerso che deve essere combattuto con ogni mezzo. A indicare la situazione della cosiddetta Gig economy, ossia il modello organizzativo basato su prestazioni occasionali anche nel mondo digitale, e in particolare quella dei rider (i ciclofattorini, ndr), è stato il presidente dell’Inps, Pasquale Tridico, durante l’audizione in Commissione Lavoro della Camera che ha annunciato l’intento di creare la “piattaforma delle piattaforme”. Si tratta di uno strumento capace di mettere “in collegamento tutte le piattaforme del food delivery e i lavoratori stessi” tra cui scopi c’è sia quello di tutelare i rider che di proporsi come “un vero e proprio market place, che permetta di valutare l’assunzione” da parte delle aziende, usufruendo di sgravi fiscali e contributivi.
INDAGINE SORPRENDENTE. Una necessità – non più rimandabile – che è emersa “a seguito di un’ispezione e di una più intensa operazione di controllo, condotta in coordinamento con la procura della repubblica di Milano, guidata dal procuratore Francesco Greco, con cui abbiamo ricostruito le denunce mensili di 4 note società di food delivery nel Paese” (leggi l’articolo) che ha portato al riconoscimento delle tutele del lavoro subordinato per “circa 55.000 soggetti prima sconosciuti” al Fisco, per “un importo di addebito complessivo pari a 155 milioni di euro”. Qualcosa che dovrà essere arginato proprio dalla “creazione della piattaforma che garantirà la trasparenza, la disponibilità e la veridicità dei dati afferenti alle prestazioni lavorative, riducendo la concorrenza sleale e fornendo un maggior supporto alle aziende virtuose” prosegue il presidente dell’Inps.
ASTUTO STRATAGEMMA. “Per i rider”, stimati in 65mila unità, “ed i lavoratori coinvolti”, continua Tridico, l’iniziativa consentirà, in prospettiva, di “offrire i propri servizi, mostrare le proprie competenze ed i requisiti posseduti in tema di sicurezza sul lavoro”. Inoltre garantirà la “tracciabilità” di tali soggetti che, al momento, risulta “difficile” come testimoniano i “diversi infortuni occorsi nei mesi scorsi”. Ma dall’indagine è emerso anche un ulteriore fenomeno preoccupante legato alla Gig economy ossia il ricorso tanto “frequente quanto anomalo di prestazioni occasionali fino a 4.999 euro e il successivo passaggio degli stessi codici fiscali a partite Iva”.
Si tratta di uno stratagemma con cui le aziende sono riuscite a eludere il Fisco in quanto “sotto i 5 mila euro le prestazioni occasionali hanno la franchigia della contribuzione e dell’assicurazione” ma “subito dopo a questi lavoratori, pur potendo superare questa franchigia di 5 mila euro, è stato chiesto di aprirsi una partita Iva” come emerso dall’indagine portata avanti dai pm lombardi in collaborazione con l’Inps. Per questo, conclude Tridico, è necessario “un intervento legislativo maturo” capace di “uscire da logiche settoriali anche perché l’economia digitale è in rapida espansione” e non c’è più tempo da perdere.