Dopo tre anni di guerra in Ucraina e ben poche iniziative diplomatiche, c’è da chiedersi chi voglia davvero continuare a combattere. Una domanda legittima, visto che nessuno, né Vladimir Putin né Volodymyr Zelensky, sembra disposto a trovare una qualche forma di accordo per chiudere un conflitto che dura ormai da troppo tempo. Del resto, solo così si può spiegare l’attentato a Mosca, portato a termine e rivendicato dai servizi segreti dell’Ucraina (SBU), che ha causato la morte del capo delle truppe di difesa nucleare, chimica e biologica delle forze armate russe, il generale Igor Kirillov, e del suo assistente.
A dare notizia di questo atto, che di certo non costituisce un passo avanti verso la pace, sono stati i servizi di sicurezza russi, secondo cui “l’ordigno esplosivo è stato piazzato in uno scooter parcheggiato accanto all’ingresso di un edificio residenziale ed è stato fatto esplodere a distanza sulla Ryazanskiy Prospekt, a Mosca”.
Zelensky non cerca la pace: un attentato a Mosca fa saltare in aria il generale Kirillov. E Medvedev promette che “la pagherà cara”
Dopo che la notizia ha fatto il giro del mondo, gli 007 ucraini dello SBU hanno rivendicato l’azione, definendola “legittima”, in quanto il generale Kirillov è l’uomo che ha autorizzato attacchi con armi chimiche in Ucraina.
Un’operazione speciale – voluta da Zelensky – che dimostra le capacità dello SBU di penetrare in Russia eludendo le forze di sicurezza, e che difficilmente resterà senza risposta. Secondo il vicepresidente del Consiglio di sicurezza russo, Dmitri Medvedev, la leadership ucraina di Zelensky dovrà affrontare un’imminente vendetta per l’uccisione del generale Kirillov: “Rendendosi conto dell’inevitabilità della sua sconfitta militare, Kiev lancia attacchi codardi e spregevoli in città pacifiche”.
Si infuoca il dibattito italiano sulle spese militari
Così, davanti a una guerra che non sembra vicina alla fine, in Italia si torna a parlare della corsa alle armi. A riaccendere il tema – con annesse e prevedibili polemiche – è stato il ministro della Difesa, Guido Crosetto, che in un’intervista a Repubblica ha dichiarato: “Tutti i Paesi Nato puntano a spese militari al 2,5% o al 3% del Pil. Noi siamo all’1,57%. Abbiamo aumentato le spese, anche se non quanto speravo. Ciò detto, il 2% va raggiunto. Non perché ce lo chiede la Nato, ma per essere pronti: se subissimo un attacco come Israele, dovremmo essere in grado di difenderci. Oggi siamo più indietro degli altri”. Che la questione sia pressante – malgrado in passato il ministro avesse detto che per arrivare al 2% sarebbero serviti anni – è chiaro con l’avvento di Donald Trump.
“Al vertice Nato di luglio 2025, chiederà di arrivare almeno al 2,5% della spesa militare in relazione al Pil, e ce lo chiederà per ieri, non per domani. Vedo ansia sul fatto che il Presidente Usa minacci di uscire dalla Nato, ma non so se lo farà. Penso piuttosto che dirà: è fuori dalla Nato chi non si adegua all’aumento delle spese militari. E questo scenario, per noi, sarebbe ben peggiore”. Parole che inevitabilmente hanno riacceso il dibattito italiano.
La risposta al ministro Crosetto
Elisa Scutellà, capogruppo M5S in commissione Politiche Ue, ha sottolineato: “La guerra in Ucraina ha causato danni gravissimi economici e sociali all’Europa e all’Italia: 22 miliardi di euro in più per fare la spesa, 12 miliardi in più di costi per le bollette delle nostre imprese rispetto ai competitor europei, 84 miliardi in più di costi di import energetico per lo Stato e una perdita di 1,3 punti di Pil all’anno. La guerra conviene solo alla lobby dei produttori di armi, che lo scorso anno ha aumentato i suoi profitti del 55 percento e che non si accontenta mai”.
La deputata pentastellata ha poi aggiunto: “Per Crosetto, i soldi spesi in armi, sottratti a istruzione e sanità, servono perché in caso di guerra scuole e ospedali non esisteranno più. È un ragionamento assurdo, secondo cui non ha senso investire in nient’altro che in armi, perché se arriva la guerra siamo tutti spacciati. E allora potremmo anche chiudere il Parlamento, non fare nessuna legge di bilancio e investire tutto in armi”.