Da mesi Volodymyr Zelensky non fa che ripetere che l’Ucraina vincerà la guerra con la Russia, ma, tra l’imminente avvento di Donald Trump alla Casa Bianca e le notizie che arrivano dal campo di battaglia, ormai pressoché nessuno sembra credergli. Del resto le difficoltà che l’esercito di Kiev sta incontrando sul campo di battaglia, tra carenza di uomini e armamenti, è evidente dall’avanzata quotidiana della Russia – che secondo gli esperti militari del Regno Unito sta macinando oltre dieci chilometri al giorno lungo tutta la linea del fronte – con i villaggi del Donbass che cadono uno dopo l’altro.
A gettare nuova luce su cosa stia succedendo al fronte è l’analisi condotta dall’agenzia di stampa statunitense Bloomberg che fa notare come lo svantaggio numerico delle Forze armate ucraine rispetto a quelle a disposizione di Vladimir Putin sta diventando sempre più grande. Questo perché, sempre secondo il documento, la campagna di reclutamento sta andando ben più a rilento di quanto sperato dalle autorità di Kiev e cresce il fenomeno delle diserzioni al punto che appare ormai fuori controllo. Carenza di uomini da mandare al fronte che sta pesando sulle spalle dei soldati già schierati in prima linea che sostanzialmente sono costretti a turni forzati, con un servizio che da ‘temporaneo’ è di fatto diventato “a tempo indeterminato”.
Un impegno insostenibile che, sempre per l’agenzia statunitense, ha reso “molti militari semplicemente esausti”. Come fa notare Bloomerg, il problema è noto a Zelensky e ai suoi alleati – basti pensare al fatto che il segretario di Stato americano Jack Sullivan da giorni chiede pubblicamente alle autorità dell’Ucraina di abbassare la leva obbligatoria al fine di includere fino ai diciotteni – ma, almeno per il momento, il presidente dell’Ucraina sta “cercando in ogni modo di evitare una campagna di coscrizione che potrebbe sconvolgere l’economia e destabilizzare una popolazione stanca della guerra”. Cosa ancora peggiore, il leader di Kiev, davanti alla scarsità di truppe che lui stesso ha ammesso, non ha voluto – e forse non ha potuto – ancora annunciare una data per il congedo dei militari.
Zelensky è rimasto a corto di soldati da mandare al fronte: la campagna di reclutamento è un flop e cresce il fenomeno delle diserzioni che è ormai fuori controllo
In questo scenario è più che comprensibile lo scoramento dei soldati che combattono incessantemente da quasi tre anni. In tanti di loro il malumore sta sfociando nella sfiducia verso Zelensky, con tanti che iniziano a chiedersi perché continuare a combattere una guerra che appare ormai segnata. Ad aggravare la crisi c’è anche – e soprattutto – il fenomeno delle diserzioni che ormai ha raggiunto dimensioni drammatiche. Sul punto le autorità di Kiev non hanno mai fornito dati ufficiali relativi al numero di militari che sono fuggiti dal fronte.
Ma per Roman Lykhachov, un avvocato di Kharkiv che gestisce i casi di militari e veterani, il numero di “disertori temporanei” potrebbe attestarsi intorno alle 100 mila unità, un numero che appare compatibile con i 160mila militari che l’Ucraina ha detto di dover mobilitare il prima possibile. Che questa analisi di Bloomberg sia corretta lo lasciano pensare le parole di Zelensky, pronunciate soltanto un paio di giorni fa, quando ha proposto un’amnistia per tutti i militari che hanno disertato – quest’ultimo ritenuto un reato estremamente grave –, a condizione che rientrino volontariamente nei ranghi dell’esercito. Un appello che, però, non sembra aver sortito grandi effetti visto che, spiega Bloomberg, soltanto 3mila uomini hanno scelto di ritornare in battaglia.
Prosegue il sostegno italiano all’esercito di Kiev
Davanti a una situazione tanto complessa, la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha sentito al telefono Zelensky. Come riporta una nota di Palazzo Chigi, la premier ha ribadito “il sostegno a 360 gradi che l’Italia assicura e continuerà ad assicurare all’Ucraina e al popolo ucraino”, con l’obiettivo dichiarato di “costruire una pace giusta”.
Conversazione in cui Meloni ha ribadito l’impegno italiano per l’organizzazione a Roma, nel 2025, della Ukraine Recovery Conference dove, se tutto dovesse andare secondo i piani, gli alleati dovranno preparare un piano per la ricostruzione del Paese.
In Ucraina la guerra non accenna a fermarsi
Tutte queste difficoltà non sono sfuggite al Cremlino che da oltre un mese sta lanciando massicce campagne di bombardamenti, con le truppe che avanzano inesorabilmente. Soltanto nelle ultime 24 ore, le forze di difesa dell’Ucraina hanno abbattuto 32 droni, rispetto ai 53 lanciati dai russi. Si tratta per lo più di droni kamikaze Shahed, di fabbricazione iraniana. Azioni a cui ha risposto l’Ucraina con attacchi verso le regioni russe di confine, tra cui quella del Kursk dove da mesi l’esercito di Zelensky sta mettendo in difficoltà le truppe di Mosca.
Proprio per “gestire la crisi”, il presidente Putin ha nominato Aleksandr Khinshtein come nuovo governatore ad interim della regione dove sono in corso feroci combattimenti tra le truppe ucraine che sono penetrate in profondità nel territorio e quelle russe, supportate da un contingente di oltre 10mila uomini provenienti dalla Corea del Nord. Ma non è tutto. La Russia, come già fatto proprio con il regime di Pyongyang, ha ulteriormente rafforzato la propria cooperazione con la Bielorussia di Alexander Lukashenko siglando un nuovo trattato che prevede “garanzie reciproche di sicurezza” che, secondo quanto trapela, consentirà a Putin di schierare i micidiali missili ipersonici Oreshnik nel Paese alleato.