Sembra una coincidenza, ma mentre Volodymyr Zelensky è volato in Croazia per partecipare al vertice tra l’Ucraina e l’Europa sud-orientale, con l’obiettivo di ottenere altre armi per affrontare la Russia di Vladimir Putin, al Parlamento europeo il primo ministro ungherese Viktor Orbán spiegava, pur tra mille contraddizioni, che in Ucraina “stiamo effettivamente perdendo, ma voi vi comportate come se non fosse così”.
Difficile dar torto al leader di Budapest, considerando che la situazione sul campo di battaglia continua a complicarsi: le truppe di Mosca avanzano su tutta la linea del fronte e hanno ipotecato la conquista del Donbass, mentre l’Occidente sembra far finta di niente, fomentando il conflitto.
Zelensky crede ancora nella vittoria e incassa il sostegno dell’Europa dell’est. Ma al fronte cresce il timore di un tracollo dell’esercito di Kiev
Nel vertice in Croazia, il primo ministro del Paese balcanico, Andrej Plenković, ha promesso che la Croazia mostrerà “solidarietà con l’Ucraina, anche dal punto di vista militare”. Un sostegno formalizzato in un accordo di cooperazione, in cui i croati intendono mettere al servizio di Zelensky la loro esperienza nello sminamento del territorio – maturata durante la guerra nei Balcani degli anni Novanta – e le loro conoscenze in ambito legale sul trattamento dei crimini di guerra.
Durante il summit, i Paesi partecipanti, tra cui Ucraina, Albania, Bosnia ed Erzegovina, Bulgaria, Grecia, Kosovo, Moldavia, Montenegro, Macedonia del Nord, Romania, Serbia, Slovenia e Turchia, hanno discusso anche del “piano di pace” presentato da Zelensky, della “sicurezza e della cooperazione reciproca” e del quadro dell’integrazione di Kiev nell’UE e nella NATO.
Gli appelli di Zelensky agli alleati
Questo vertice in Croazia avrebbe dovuto essere seguito dal summit sull’Ucraina di Ramstein, in Germania, previsto per sabato, ma rinviato a data da destinarsi. A Ramstein avrebbero dovuto partecipare, oltre a Zelensky, il presidente degli Stati Uniti Joe Biden, il cancelliere tedesco Olaf Scholz, il presidente francese Emmanuel Macron e il primo ministro britannico Keir Starmer. La causa del rinvio sembra essere stata l’urgenza per Biden di rimanere negli Stati Uniti, colpiti dall’uragano Milton, anche se alcune voci suggeriscono che dietro questa decisione ci sia la difficoltà del leader americano nel giustificare al Congresso l’allocazione di ulteriori risorse per Kiev in un momento di crisi interna.
Quel che è certo è che, nel frattempo, in Ucraina e in Russia si continua a combattere. Nelle ultime ore le forze di Kiev hanno lanciato un attacco con droni nella regione di Bryansk, in Russia, colpendo un deposito di armi e costringendo le autorità locali a proclamare lo stato di emergenza. Da parte sua, la Russia ha bombardato sia Odessa, danneggiando una struttura medica e un condominio di nove piani, causando cinque feriti, sia Kherson, dove un centro geriatrico è stato colpito, ferendo due operatori sanitari.
Le rivelazioni shock sulla guerra in Ucraina
Ma non è tutto. Sta facendo scalpore il libro War, scritto dal giornalista del Watergate, Bob Woodward, in cui sono contenute rivelazioni scioccanti. Una di queste fa comprendere quanto il conflitto ucraino non possa essere sottovalutato: alcuni mesi dopo l’inizio della guerra, l’intelligence americana aveva rilevato “discussioni credibili all’interno del Cremlino” in cui si affermava che Putin stava “seriamente valutando l’uso di armi atomiche”. Di fronte a tali informazioni, Biden incaricò il suo consigliere per la sicurezza nazionale, Jake Sullivan, di mettersi in contatto con i russi e spiegare, con un linguaggio minaccioso ma non eccessivo, quale sarebbe stata la risposta americana. Successivamente, lo stesso Biden contattò direttamente Putin per spiegargli le “conseguenze catastrofiche” di una simile mossa.
Sempre Woodward rivela che Donald Trump, quando era alla Casa Bianca, avrebbe inviato segretamente i test Covid-19 a Putin, malgrado negli Stati Uniti i tamponi scarseggiassero da tempo. Ma non è tutto: il giornalista sostiene che Trump, “nonostante l’invasione russa dell’Ucraina e mentre mirava a tornare alla Casa Bianca”, avrebbe parlato con Putin in segreto per almeno sette volte dal momento in cui ha lasciato la presidenza nel 2021. Queste indiscrezioni potrebbero influenzare l’esito delle elezioni presidenziali americane di novembre, tanto che Steven Cheung, portavoce del candidato repubblicano, ha dichiarato che “nessuna di queste storie inventate da Bob Woodward è vera; è il lavoro di un uomo davvero demente e squilibrato”. Anche il Cremlino ha smentito i presunti contatti tra Putin e Trump da quando quest’ultimo ha lasciato la Casa Bianca.