Come se non bastassero lo schiaffo che ieri Matteo Salvini ha incassato dal premier Draghi, che ha difeso il ministro della salute Speranza dai continui attacchi del leader del Carroccio (“A Salvini ho detto che ho voluto io Speranza nel governo e che ne ho molta stima”, ha detto il presidente del Consiglio, nel corso della sua conferenza stampa) e le scintille sulla presidenza del Copasir reclamata giustamente dal partito di Giorgia Meloni – che probabilmente la otterrà visto che le spetta per legge – il segretario leghista ha le sue belle beghe anche in casa sua. Che il governatore del Veneto Luca Zaia “brilli” di luce propria, forte dei consensi monstre su cui può contare nella sua regione e dell’apprezzamento bipartisan di cui gode anche a livello nazionale, e che stia giocando una sua partita se non opposta quantomeno su altri binari rispetto al leader del partito, è un dato di fatto.
E anche ieri ne ha dato dimostrazione: in quella che per il Carroccio è una sorta di battaglia ideologica – la battaglia contro la legge Zan sul contrasto all’omotransfobia che i leghisti tengono bloccata in Senato – Zaia va nettamente controcorrente. “Immagino che questo provvedimento verrà prima o poi realizzato. Verrà trovata la miglior formula e penso che non ci sia nessuno che vorrà negare l’evidenza. Dopodiché – ammette – ci saranno delle sfumature giuridiche che verranno valutate. Nessuno, ritengo, si oppone, in linea di principio”, ha affermato di fronte all’ennesima “melina tecnica” messa in campo prima in commissione Giustizia dal presidente leghista Andrea Ostellari e poi in aula a Palazzo Madama per ritardare la calendarizzazione della discussione della legge in questione.
Zaia del resto si è sempre impegnato contro l’omotransfobia e mostrato sensibile al tema. E quindi, arrivati ad un passo dall’approvazione di una norma (qui il testo passato alla Camera), che peraltro vede come primo firmatario il veneto Alessandro Zan (padovano come Ostellari) e attesa da tempo, ha dichiarato: “Le libertà devono essere garantite a tutti. Vedo che c’è un dibattito trasversale – osserva – e non coinvolge solo la Lega. Penso che il principio della civile convivenza sia sempre lo stesso: la tua vita finisce dove inizia la mia. E ci vuole sempre il rispetto di mezzo”. Mette le mani avanti ammettendo di “non aver letto il ddl e di non aver seguito fino in fondo il dibattito” ma il messaggio è forte e chiaro e non a caso il dem Zan lancia un appello: “Spero che le parole di Zaia possano convincere i colleghi del suo partito a sostenere il provvedimento”, sottolineando ancora una volta come sia fondamentale una legge “che contrasta i crimini di odio che non colpiscono delle vittime qualsiasi, ma colpiscono quelle vittime per la loro condizione personale”.
Per il no alla legge sull’omotransfobia, al fianco della Lega, si schierano Fratelli d’Italia e la maggioranza di Forza Italia, al cui interno però coesistono sensibilità diverse, tanto che già in occasione del passaggio alla Camera diversi deputati votarono a favore e altrettanto hanno annunciato di voler fare alcuni senatori azzurri ma su questo punto Salvini sembra non transigere: “Rifiuto la strumentalizzazione semplicistica in base alla quale chi sostiene la legge Zan è un evoluto progressista, mentre chi vi si oppone è un retrogrado medievale – ha ribadito – C’è il rischio che si arrivi a voler bollare come sbagliate per legge posizioni condivise da milioni di italiani e ciò è profondamente illiberale”. Condivise da milioni di italiani, forse, ma non da un importante esponente del suo stesso partito e da chissà quanti altri leghisti che per ragioni di opportunità non lo ammettono pubblicamente come il “Doge”.