Se da un lato c’è Francesco Schiavone detto Sandokan che decidendo di collaborare (leggi articolo sopra) fa tremare la Camorra, dall’altro ci sono gli altri due storici capi dei Casalesi, Francesco Bidognetti e Michele Zagaria, che – pur essendo detenuti – non hanno nessuna intenzione di rompere il loro muro di omertà. Il primo, soprannominato Cicciotto e Mezzanotte, è in carcere dal lontano 1993 mentre il secondo dal 2011 e al termine di ben sedici anni di latitanza. Due irriducibili del silenzio nei confronti dello Stato che, al pari di Sandokan, sono custodi di segreti inconfessabili ma che, per motivi differenti, sembrano voler tenere celati alla giustizia.
Per quanto riguarda Bidognetti, la scelta di non collaborare sembra essere legata ai tanti scossoni che hanno interessato la sua famiglia, a partire dal pentimento di Domenico, assassino nonché cugino di Cicciotto e Mezzanotte, a quello dell’ex compagna Anna Carrino con cui ha avuto tre dei suoi cinque figli. Non meno importante, i recenti tentativi da parte della sua famiglia di ricostruire il potere perduto che, a cavallo tra gli anni ‘80 e ‘90, si estendeva su un territorio sconfinato che andava dall’entroterra casertano fino al litorale e in particolare a Castel Volturno. Operazioni che negli ultimi anni sono state portata avanti dai figli avuti con la Carrino e che sono risultate tutte inconcludenti.
Ma ciò non basta a fermare il clan perché la posta in gioco è alta. Questo perché quello in mano ai Bidognetti è un vero e proprio impero a cui la famiglia non intende rinunciare. Del tutto diversa, invece, la situazione della famiglia Zagaria che si è sempre comportata come un monolite di cui si sa poco e nulla. Il suo clan, a differenza di quella di Bidognetti, non ha mai annoverato pentiti e molto probabilmente, malgrado gli arresti, continua a custodire un ingente patrimonio che resta in gran parte occultato agli inquirenti. Oltre a Schiavone, Bidognetti e Zagaria, c’è pure il quarto boss del clan, Antonio Iovine detto O ninno, che dopo essere stato arrestato nel 2010 già da tempo collabora con i pm.
Scetticismo giustificato
Quel che è certo è che al momento c’è chi, in modo del tutto comprensibile, si chiede se il pentimento di Schiavone sia autentico o se sia una strategia del boss. “La notizia del pentimento di Schiavone per me è stata travolgente. Anni fa lo avevo invitato a pentirsi dicendogli che il suo potere ormai era in crisi” è quanto scrive sui social Roberto Saviano che con il suo celebre romanzo Gomorra ha raccontato in lungo e largo la Camorra. “Sandokan è il capo del clan dei Casalesi, che vengono governati da più di un decennio da una diarchia, con Schiavone e Bidognetti. Il suo pentimento, se reale, potrebbe fare la differenza” perché “conosce mezzo secolo di storia del potere camorristico. Il suo clan è stato tra i pochissimi ad avere direttamente un proprio rappresentante al governo, il sottosegretario all’Economia Cosentino, che sta scontando il carcere per questo” aggiunge lo scrittore e giornalista.
Il punto, secondo Saviano, è che “bisogna capire se davvero vuole collaborare, perché finora quello che hanno detto la moglie e i figli non sembra aver fatto la differenza” e per questo “la grande paura è che abbia trovato un momento di equilibrio, sapendo bene che non c’è un vero contrasto da parte dello Stato alle organizzazioni criminali” che solleva il legittimo dubbio se “collaborerà davvero” oppure se abbia “scelto di parlare per aggirare l’ergastolo ostativo che blocca la possibilità di uscire dal carcere anche se ha scontato 30 anni” di reclusione.