Giovanni Zaccaro, giudice penale, già consigliere del Consiglio superiore della Magistratura, attuale segretario di AreaDg, la corrente “di sinistra” delle toghe. In pratica, agli occhi della maggioranza guidata da Giorgia Meloni, l’incarnazione del male… a lui abbiamo chiesto di fare un punto sulla guerra tra potere esecutivo e giudiziario che si sta combattendo da tempo (e non per volontà die giudici). Ieri Zaccaro ha commentato l’endorsement del ministro della Giustizia della Turchia, Yilmaz Tunç, al collega Carlo Nordio (Tunçil si è detto stupito per le proteste dei magistrati italiani), chiedendo al Guardasigilli avesse capito “di avere parlato con il ministro del Paese che ha rimosso centinaia di magistrati ed ha processato ed imprigionato avvocati e magistrati? Del paese che è nella parte bassa della classifica del Wjp Rule of Law Index?…
Zaccaro, sembra che la riforma della giustizia del ministro Carlo Nordio stia riscuotendo numerosi apprezzamenti anche a livello internazionale… A partire dalla Turchia, non certo un Paese che brilli per democrazia e rispetto delle leggi. Non le sembra un dato indicativo?
“Il Ministro Nordio si è rallegrato che il suo omologo turco si sia scandalizzato delle proteste dei magistrati italiani. Delle due l’una, o Nordio non ricorda che in Turchia sono stati rimossi, processati e incarcerati avvocati e magistrati e questo mi sembra strano per un uomo della sua cultura oppure ha fatto una gaffe ed è preoccupante in questo momento di continue delegittimazioni del potere giudiziario in Italia. Spero prevalga il Nordio liberale, che consente il diritto di critica e protegge gli organi di controllo e garanzia come la magistratura”.
Contemporaneamente, Nordio sembra non apprezzare particolarmente il diritto internazionale e le sue regole, visto il caso Almasri. L’ha convinta la sua ricostruzione in Parlamento?
Non conosco il fascicolo. Da osservatore penso che ci sia stato un corto circuito fra le istituzioni, mentre il ministro della Giustizia studiava le carte arrivate dalla Corte penale internazionale, altri riportavano Almasri in Libia. Poi, per uscire dall’impasse, se la sono presi con i magistrati che sono oramai il capro espiatorio di ogni questione”.
Agli occhi della maggioranza, voi di Area, siete considerati dal governo “l’ala irriducibile” di una Magistratura che “vuole fare politica, pur non essendo stata eletta”… è così? Volete intervenire sulle decisioni politiche che non vi piacciono?
“Penso che i magistrati abbiano il diritto e il dovere di intervenire nel dibattito pubblico, in materia di giustizia, diritti e garanzie. Ovviamente nessuno vuole sottrarre al Parlamento il potere di fare leggi ma nemmeno si può sottrarre ai cittadini il diritto di essere informati e di capire il rischio che la riforma Nordio comporta”.
Quale rischio?
“La separazione delle carriere è già nei fatti: solo tre magistrati su mille passano dal ruolo del PM a quello del Giudice. I giudici sono già autonomi rispetto alle richieste dei PM: solo 4 volte su dieci, infatti, accolgono la richiesta di condanna. Quindi sotto lo slogan della separazione delle carriere c’è altro.
Cosa?
È evidente! I poteri dello Stato sono tre. Se si separano i PM dal potere giudiziario, che succede? Verranno attratti nella sfera del potere legislativo o esecutivo, sotto il controllo della maggioranza di turno. Insomma indagheranno solo quelli che vorrà la maggioranza e di certo non saranno i potenti del momento ma solo chi sarà individuato come “vittime sacrificale””.
Ma non funziona così la democrazia? La maggioranza vince e decide…?
“La maggioranza in democrazia deve fare le leggi e deve amministrare. La giustizia invece serve a tutelare i diritti fondamentali e le garanzie di tutti, anche di chi non ha vinto le elezioni e per questo i magistrati non sono elettivi, non devono rispettare la volontà della maggioranza del momento, ma solo la legge, la Costituzione e le Carte Europee. Del resto, il primo grande errore giudiziario avvenne perché un giudice si piegò alla volontà popolare”.
A cosa si riferisce?
“Ricorda? Ponzio Pilato si lavò le mani e chiese alla folla chi crocifiggere. La folla allora condannò Gesù”.
Torniamo ad oggi, è dunque così grave il rischio?
“La riforma Nordio è un tassello di un progetto più ampio. Garantisti con i colletti bianchi, pensi all’abolizione dell’abuso di ufficio, e durissimi con i piccoli delinquenti. Indifferenti al sovraffollamento carcerario ma pronti a condoni per gli evasori fiscali. Insomma: una giustizia forte con i deboli ma debole con i forti”.
Ritiene che con il cambio ai vertici della Anm e con l’incontro già fissato tra la premier Meloni e il presidente Parodi, il clima di aperta conflittualità potrà attenuarsi?
“Penso sia necessaria un poco di chiarezza. Non c’è mai stata conflittualità fra magistrati e governo. I magistrati italiani si limitano a spiegare i rischi della riforma. Per il resto, cercano di fare il loro lavoro, in condizioni difficili, senza risorse umane, con tanti leggi confuse e contradditorie. Addirittura da anni stanno anche abbattendo gli enormi arretrati. È stata la politica, in questi mesi, ad aggredire i magistrati che hanno avuto la sola sfortuna di prendere decisioni sgradite alla maggioranza di turno o strumentalizzare vicende processuali per fini propagandistici. Ma sono contento che in queste ultime ore molti politici hanno capito che stavano esagerando”.
Il Governo pensa al limite di 45 giorni per le intercettazioni “legali”. Che ne pensa?
Mi sembra buffo che con tutti gli spioni abusivi emersi dalla cronaca, ci si preoccupi di ridimensionare le intercettazioni telefoniche disposte dagli organi statali. Guardi che le intercettazioni sono uno strumento di indagine molto importanti ed è pericoloso ridurne la durata. Proprio ora sto leggendo una sentenza in cui, grazie alle intercettazioni prolungate, si è passati dagli spacciatori di strada ad un narcotrafficante internazionale: se fossero durate di meno, ci si sarebbe fermati ai “pesci piccoli”. È vero che penetrano nella vita privata dei cittadini ma ci sono alcuni reati che possono essere scoperti solo così perché le vittime non denunciano. Penso ai reati di mafia che approfittano dell’omertà ma anche ai reati tributari, economici o della pubblica amministrazione che non hanno vittime subito identificabili ma danneggiano la collettività e addirittura le future generazioni.