Stabilizzare il Mar Rosso e il Medio Oriente dove ancora infuria la guerra a Gaza bombardando gli Houti in Yemen. Questa la surreale strategia che ha portato Stati Uniti e Regno Unito a bombardare il Paese da cui i miliziani filo iraniani, ormai da mesi, lanciano attacchi verso le navi in transito nel Mar Rosso costringendo le compagnie commerciali a cambiare le proprie rotte, causando l’esplosione dei costi di materie prime e prodotti.
Un blitz unilaterale, comunicato agli altri alleati a decisione ormai presa tanto che ben pochi hanno fornito supporto logistico e nessuno ha scelto di prendere parte attiva al raid, che difficilmente potrà portare a un miglioramento della situazione. Anzi, oggi scontato l’allargamento del conflitto mediorientale visto che gli Houti hanno già promesso vendetta e che il presidente americano Joe Biden e il primo ministro britannico Rishi Sunak hanno detto che non esiteranno “a prendere nuove decisioni di questo tipo perché gli Stati Uniti e i loro alleati non tollereranno altri attacchi” da parte degli Houti.
Insomma tra accuse e controaccuse sembra essersi innescata la più classica spirale dell’odio da cui non si vede via d’uscita.
Rischi per tutti
Chiaramente in questo scenario di estrema destabilizzazione dell’area, a pagare il prezzo maggiore rischia di essere l’Europa che già vede una nuova impennata dei prezzi dei carburanti. Per non parlare di un’escalation militare che, ben più che nel caso dell’Ucraina, per via della vicinanza geografica rischia di coinvolgere direttamente l’intero continente. Ma non è tutto perché questa ondata di attacchi potrebbe anche risvegliare il terrorismo islamico in Europa.
Questo perché al momento gli Houti godono del favore dall’intero mondo arabo – e non solo visto che perfino la Turchia di Recep Tayyip Erdoğan e la Russia di Vladimir Putin hanno tuonato contro gli Usa per un raid definito “illegale” – perché giustificano i loro attacchi nel Mar Rosso come una reazione alla sanguinosa reazione di Benjamin Netanyahu contro i palestinesi. Tutte ragioni per le quali le intelligence occidentali sono in allarme, preoccupati che qualche cellula dormiente possa risvegliarsi o che possa entrare in azione qualche ‘lupo solitario’. Quel che è certo è che quanto accaduto in Yemen ha messo in imbarazzo l’Unione europea che, come al solito, è stata sostanzialmente ignorata e trattata al pari di uno sparring partner.
Come sempre accade in questi casi, anziché spendersi per cercare di calmare le acque, Bruxelles ha fatto sapere che i Paesi dell’Ue martedì prossimo discuteranno dell’invio di una forza navale europea per supportare la protezione delle imbarcazioni in transito nel Mar Rosso. La proposta elaborata dal Servizio di azione esterna dell’Unione europea, sotto la guida dell’Alto rappresentante Josep Borrell, prevederebbe l’invio di almeno tre cacciatorpedinieri o fregate antiaeree per almeno un anno e sarebbe sostanzialmente un doppione della missione americana denominata “operazione Atlanta”, operativa da settimane, a cui già partecipa l’Italia con la fregata Virginio Fasan.
La posizione italiana
In tutto questo caos, appare poco chiara la posizione dell’Italia. Secondo la Reuters, infatti, Roma “si è rifiutata di partecipare agli attacchi contro gli Houti”. Parole a cui, secondo quanto riportano le agenzie stampa, hanno risposto fonti di Palazzo Chigi affermando che “non è stato mai chiesto all’Italia di partecipare agli attacchi”.
Tesi poi ribadita dal ministro degli esteri Antonio Tajani che prima ha dichiarato che “l’Italia non può partecipare ad azioni militari se non previa autorizzazione del parlamento, ma certamente la nostra posizione è di assoluta tutela”, salvo poi apparentemente scaricare le responsabilità sugli Usa dichiarando che “l’Italia è stato il primo Paese a condannare l’aggressività degli Houti” e per questo ribadisce “l’assoluta condanna all’organizzazione terroristica e ritiene giusto che ci sia stata una reazione americana”.