L’aria che tira a Bruxelles sta tutta nelle parole che un diplomatico dell’Unione europea bisbiglia a Politico. “Più ottimismo sento, più divento nervoso”. Consolidati i risultati delle elezioni nei Paesi membri l’Ue che verrà potrebbe essere molto più veloce del previsto. L’avanzata della destra non basta a stravolgere gli equilibri e i nomi sono già sul tavolo: la tedesca Ursula von der Leyen per un secondo mandato come presidente della Commissione europea, il portoghese António Costa come presidente del Consiglio europeo, Roberta Metsola di Malta come capo del Parlamento europeo e l’estone Kaja Kallas come capo della politica estera.
Le sfide politiche dell’Ue
Lo schema di accordo verrà discusso per la prima volta il prossimo 17 giugno quando sull’agenda è fissata una cena informale con i leader in previsione dell’accordo formale e ufficiale che potrebbe arrivare il 27 o il 28 giugno. Chiudere in fretta la pratica è la priorità, sfruttando il momento di debolezza del presidente francese Macron per evitare di impantanarsi nella sua proverbiale capacità di sabotare gli accordi in sede europea. Il fattore tempo è fondamentale, secondo i funzionari e diplomatici europei, per non dare troppo vantaggio al Gruppo dei conservatori e riformisti europei (spinti dal successo di Giorgia Meloni) e il Gruppo identità e democrazia di Salvini e Le Pen che già annusa la possibilità prendersi il governo e poi puntare all’Eliseo. Rapidità è richiesta anche dalla guerra in Ucraina. I banchi vuoti nell’aula del Bundestag tedesco per il boicottaggio dei deputati sia dell’Alleanza Sahra Wagenknecht – Ragione e Giustizia (Bsw) sia di Alternativa per la Germania (Afd) sono l’antipasto tedesco del menu europeo. Ursula von der Leyen, che parla già con il tono della presidente confermata alla Commissione europea, ripete che bisogna “aiutare l’Ucraina a governare da sola il suo futuro”. Anche perché l’economia di guerra è uno dei punti programmatici del Ppe che la sostiene e che si è confermato primo partito. Il potenziale ritorno alla Casa bianca di Donald Trump aggiunge sale sulla coda.
I socialisti, secondo gruppo nel Parlamento europeo, puntano su Costa per sostituire l’attuale presidente del Consiglio europeo Charles Michel. Nei corridoi Ue i diplomatici stanno già speculando su chi sarà il capo del suo staff. All’inizio di questa settimana l’attuale primo ministro di centro-destra del Portogallo, Luís Montenegro, ha confermato che Lisbona potrebbe sostenere Costa per quel ruolo. L’unico ostacolo all’operazione è l’indagine a carico dell’ex primo ministro portoghese per traffico di influenze. Costa ha risposto già il mese scorso alle domande dei pubblici ministeri e i tempi appaiono lunghi. Per questo i socialisti nordici sperano ancora di potere infilare nella corsa Mette Frederiksen, primo ministro socialista in Danimarca, le cui quotazione appaiono però basse.
L’equilibrio tra i paesi membri: una partita complessa
La casella più incerta rimane quella della politica estera. Durante la campagna elettorale alcuni Paesi hanno avanzato dubbi su Kallas per le sue radicali posizioni anti-Putin, preoccupati da un’eventuale sottovalutazione delle questioni in Medio Oriente e in Africa. Ma la linea dell’Ue che verrà ha fatto cadere i veti. La più prevedibile delle candidature sarà un altro mandato di due anni e mezzo all’attuale presidente del Parlamento europeo Metsola, che fa parte del Ppe e che dovrebbe essere confermata dal voto del Parlamento europeo.
Sullo sfondo c’è però il nuovo Consiglio europeo dove l’onda nera (che qualcuno beatamente ancora nega) si farà sentire, eccome, fortificata dal nuovo prevedibile governo francese. Si corre per proclamare von der Leyen già il 18 luglio ma pensare che i leader dei Paesi membri vengano a Bruxelles a timbrare gli accordi presi da altri è di una leggerezza quasi naif.