“Mi sono dimesso dal Copasir. Ma non ero io quello che si sarebbe dovuto dimettere”. Sta tutto in questo tweet di Elio Vito, parlamentare azzurro e membro fra i più attivi del Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica, il senso del cortocircuito istituzionale che si è venuto a creare nelle ultime settimane sulla vicenda della presidenza dell’organismo di vigilanza sui servizi segreti (leggi l’articolo).
Perché, inutile girarci intono, di questo si tratta: della tenuta delle istituzioni e delle regole basilari della democrazia, non è una questione di poltrone – come è stata definita dal leader del partito che paradossalmente quella “poltrona” non la vuole mollare, cioè la Lega – ma di rispetto della norma, nella fattispecie la legge 124 del 2007, che regola e disciplina le relazioni tra il governo, il Parlamento e l’intelligence.
E che indica esplicitamente che la presidenza deve spettare all’opposizione. Il riferimento di Vito è chiaro: a dimettersi ieri avrebbe dovuto essere il presidente leghista Raffaele Volpi (nella foto), esponente di una forza ora in maggioranza con il governo Draghi. Invece a rimettere il mandato sono stati appunto l’esponente di FI e Adolfo Urso – le cui dimissioni hanno seguito a stretto giro quelle del collega – membro del comitato in quota FdI, unica forza all’opposizione dotata di un proprio gruppo parlamentare a cui la presidenza spetta di diritto.
“Non è più tollerabile, in un organo così importante ed in un momento così delicato, il perdurare di una situazione non corrispondente alla legge”, ha spiegato Vito nella lettera indirizzata al presidente della Camera Roberto Fico, investito la scorsa settimana della questione insieme alla sua omologa al Senato Elisabetta Casellati. Le due cariche istituzionali hanno però preferito demandare la soluzione alle forze politiche, come evidenziato anche nella missiva che il senatore del partito di Giorgia Meloni ha inviato alla presidente di Palazzo Madama: “Preso atto che il suo invito ad una soluzione politica non ha finora avuto risposta da parte dei gruppi di maggioranza e della successiva richiesta del presidente del Copasir affinché tutti i componenti il comitato rassegnino le proprie dimissioni, le manifesto la mia intenzione a rendere disponibile il mandato con gli altri membri che avranno analogo atteggiamento se lei ritiene che ciò possa servire a dirimere la questione”.
Un vero e proprio caso, istituzionale oltre che politico, tanto che nei giorni scorsi la leader dell’opposizione ha invocato l’intervento del Colle. Anche perché la via politica è stata già percorsa con esiti fallimentari: Meloni ha invitato al beau geste l’alleato Matteo Salvini, anche attraverso una lettera aperta, ma in tutta risposta martedì, proprio alla vigilia dell’audizione al Copasir del sottosegretario con delega ai servizi segreti Franco Gabrielli che si è svolta ieri dopo settimane di paralisi, il leader del Carroccio ha abbozzato un “Azzeriamo tutto. Si dimettano tutti i componenti, allo stesso giorno e alla stessa ora. Noi siamo pronti a rassegnare insieme le dimissioni, anche domani”.
Peccato che alle parole non siano però seguiti i fatti e a dimettersi siano stati i due esponenti di FI e FdI ma non il leghista Volpi e in ogni caso, come ben evidenziato dallo stesso Vito, per uscire dall’impasse non sarebbe stato necessario arrivare alle dimissioni dell’intero comitato e alla sua ricomposizione ex novo, sarebbe bastato un passo indietro dell’attuale presidente, visto che gli altri membri, compresi quelli del Pd, erano pronti a votare senza problemi Urso alla presidenza.