Non è necessaria la causa di servizio per essere riconosciuti vittime del dovere per il caso uranio impoverito. I militari che, lasciati senza protezioni, nelle missioni nei Balcani sono stati esposti alla micidiale sostanza e si sono poi ammalati di cancro, devono essere risarciti, perché c’è nesso di causalità tra la malattia e le condizioni in cui si sono trovati durante le missioni di pace. Questo il principio che emerge con ancora maggior forza da due sentenze emesse dalla Corte d’Appello di Trieste e dalla Corte di Cassazione, in cui le vittime, seguite dall’Osservatorio Militare, hanno visto riconoscere dai giudici le loro ragioni ed il Ministero della Difesa è stato condannato ai risarcimenti. Pronunciamenti in cui è stato sottolineato anche un altro principio relativamente alla posizione del dicastero ora retto dal ministro Lorenzo Guerini: “Si continua a negare il diritto per evitare la colpa”.
I RECENTI PRONUNCIAMENTI. In un caso i giudici d’appello friulani si sono pronunciati sul ricorso della Difesa contro il risarcimento dovuto alla madre di un soldato dell’Esercito, vittima nel 2008 di un linfoma di Hodgkin, dopo aver preso parte alle operazioni in Albania e Kosovo nell’ambito della missione “Joint Venture”. E nello specifico sul riconoscimento per la donna dello status di soggetto equiparato alle vittime del dovere. Confermando la decisione del Tribunale di Udine, la Corte d’Appello ha considerato “infondato” l’appello del Ministero. Nell’altro caso la Cassazione si è invece pronunciata su una vicenda analoga, quella di una battaglia portata avanti dalla madre di un altro militare, annullando un’ordinanza con cui il Tribunale di Chieti aveva sospeso il procedimento con cui la donna chiedeva la condanna al risarcimento. Un ricorso accolto dalla Suprema Corte.
“Entrambe le sentenze – specifica il presidente dell’Osservatorio, Domenico Leggiero – sono altre pietre miliari posizionate lungo quel percorso che dura da venti anni e fatto da oltre 170 sentenze di condanna per l’Amministrazione della Difesa, da 376 morti, oltre 7500 malati e la vergognosa continua negazione del Ministero della Difesa che nega il diritto ai veri malati di uranio impoverito, e spende milioni di soldi pubblici in inutili appelli tentando di evitare il vero motivo per cui le sentenze ottenute dall’avvocato Angelo Fiore Tartaglia fanno male: il Ministero nega, perché ammettendo il rapporto causa/effetto emergerebbero le colpe del sistema”.
L’Osservatorio sostiene infatti che i vertici della Difesa sapevano della pericolosità dell’uranio da molti anni prima dell’impiego dei militari italiani nei Balcani e, nonostante tutto, hanno esposto tanti giovani ad un rischio evitabile, “un rischio che si sta trasformando in tragedia anche per i popoli del posto che chiedono all’Italia, all’Osservatorio Militare, di mettere a disposizione dell’Europa il nostro lavoro, la nostra ricerca, la nostra esperienza”.
“L’Osservatorio Militare – assicura Leggiero – lo farà, aiuterà anche la Francia che in vent’anni ha ottenuto solo due sentenze per famiglie di militari deceduti. I principi giuridici consolidati dall’avvocato Tartaglia con queste sentenze non lascerebbero più spazio ad ulteriori procedimenti ed altre spese, questo in un Paese normale, ma siamo in Italia, dove una IV Commissione parlamentare d’inchiesta ha confermato quanto ottenuto dall’avvocato Tartaglia nei Tribunali, elabora e produce un disegno di legge con il presidente Gianpiero Scanu, ma non succede nulla”.