Ancora ventiquattr’ore. Poi i parlamentari eletti per la prima volta nel 2013 matureranno l’agognata pensione, alias il vitalizio. Vero è che non sarà come i fasti d’un tempo, quando grazie al ben più vantaggioso sistema retributivo bastava appena una legislatura per intascare qualcosa come 2.300 euro netti al mese. Anche senza aver mai messo piede nel Palazzo, come dimostrano i casi degli ex Radicali Piero Craveri e Angelo Pezzana. Ma certo è che dopo appena 4 anni, 6 mesi e un giorno di “lavoro”, come da regolamento, incassare un importo compreso – secondo le stime della Camera – fra 900 e 970 euro al mese compiuti 65 anni d’età, che lievitano a 1.500 (a 60 anni) se di legislature un parlamentare ne fa due, resta comunque un privilegio. Checché ne dicano gli interessati. Nemmeno la riforma in vigore dal 1° gennaio 2012 (ai tempi del Governo Monti), che ha segnato il passaggio al contributivo per tutti, ha cambiato granché le cose. Soprattutto agli occhi dell’opinione pubblica. I vitalizi sono ancora lì, vivi e vegeti, e continuano a pesare come un macigno sui bilanci delle Camere, che sborsano ogni anno più di 200 milioni di euro. Da destra a sinistra passando per il centro e il M5S, saranno 558 i parlamentari (dati Openpolis) che grazie al “Vitalizio day” un domani prenderanno l’assegno. Per alcuni di quelli subentrati in corsa (33) se ne parlerà in un eventuale nuovo mandato.
Grazie Matteo – Partiamo dal Pd, la cui schiera di parlamentari di prima nomina è numerosa. Escludendo i partiti nuovi, infatti, 267 dei 412 eletti nel 2013 coi dem sono matricole. Nell’elenco spiccano i nomi degli uomini e donne più vicini al segretario Matteo Renzi, che malgrado la sconfitta alle primarie 2012 contro Pier Luigi Bersani riuscì a portare in Parlamento un nutrito gruppo di adepti. L’ex premier, di cui è rimasto celebre l’sms inviato il 31 gennaio in diretta Tv al conduttore di DiMartedì Giovanni Floris (“Per me votare nel 2017 o nel 2018 è lo stesso, ma sarebbe grave far scattare i vitalizi a settembre, perché sarebbe molto ingiusto verso i cittadini. Sarebbe assurdo”) che fece infuriare parecchi dentro ai suoi gruppi parlamentari, non maturerà la pensione visto che non è stato eletto. Lo farà invece l’ex ministra per le Riforme, oggi sottosegretaria alla presidenza del Consiglio, Maria Elena Boschi. Così come un altro dei suoi uomini di fiducia, il tesoriere del partito Francesco Bonifazi, celebre (anche ma non solo) nello scarrozzare Renzi con la sua Audi A4: particolare che negli anni gli è valso il soprannome di “Bonitaxi”. E che dire del ministro dello Sport, Luca Lotti? Nell’elenco c’è anche lui, il “braccio ambidestro” di “Matteo”, così come Lorenzo Guerini detto “Arnaldo” (in omaggio al vecchio leader Dc Forlani) ed Ernesto Carbone. E ancora: Yoram Gutgeld, Andrea Marcucci, l’ex lettiana Anna Ascani, Edoardo Fanucci e Matteo Richetti. Sì, proprio il promotore della legge taglia-vitalizi, che però – va detto per dovere di cronaca – ha già rinunciato alla pensione da ex consigliere dell’Emilia-Romagna.
Avanti c’è posto – Nel Centrodestra invece, dove nel 2013 il ricambio è stato assai più contenuto, si va dall’ex governatrice del Lazio, Renata Polverini (Forza Italia), fino a Franco Carraro (anche lui FI) e Gabriele Albertini (Ap). Anche deputati e senatori del M5S possono dormire sonni tranquilli. Da tempo i seguaci di Beppe Grillo e dello scomparso Gianroberto Casaleggio hanno dato vita a un corpo a corpo col Pd proprio sulla questione dei vitalizi, ma stavolta anche loro non fanno eccezione. Tutti i deputati e senatori sbarcati nelle Aule col Movimento 4 anni fa, compresi quelli che fra espulsioni e uscite volontarie si sono persi per strada, da domani matureranno l’assegno. Dai leader come Alessandro Di Battista, Roberto Fico e Luigi Di Maio – che si è detto pronto a devolverlo quando lo percepirà – ai parlamentari di secondo piano fino, come detto, a chi oggi è fuori dal giro pentastellato. La lista è lunga: da Marino Mastrangeli (Misto) ad Adele Gambaro (Ala), da Paola Pinna (Pd) a Fabiola Anitori (Ap) fino a Bartolomeo Pepe (Gal) e Giuseppe Vacciano (Misto). Sì, proprio colui che dal 17 febbraio 2015 non riesce a dimettersi a causa dell’ostruzionismo dei colleghi d’Aula. Da domani, suo malgrado, oltre che del Senato sarà ostaggio pure del vitalizio.
Twitter: @GiorgioVelardi