Qualcosa sembra finalmente muoversi sui vituperati vitalizi. Anche se il Parlamento avrebbe potuto osare di più. Ieri la commissione Affari costituzionali della Camera ha concluso l’esame del testo base della proposta di legge a prima firma Matteo Richetti (Pd), al quale sono state apportate alcune piccole modifiche (5 gli emendamenti approvati). “Un gesto fondamentale per riconnettere sentimentalmente la politica e il Parlamento con i cittadini”, l’ha definito l’ex consigliere dell’Emilia-Romagna, uno dei pochi ad aver già rinunciato all’assegno.
Tra le novità, la proposta (che andrà in Aula martedì prossimo) prevede l’introduzione del calcolo contributivo per le pensioni dei parlamentari (in carica ed ex), che saranno equiparate per trattamento a quelle dei dipendenti statali. In più, viene istituita una gestione separata presso l’Inps in cui dovranno essere destinate le quote contributive a carico degli eletti, quelle a carico dei gruppi di appartenenza e le risorse necessarie per pagare i trattamenti previdenziali per ogni anno di riferimento, come determinate dalle Camere in base alla cosiddetta “autodichia”. Per avere diritto alla pensione, il parlamentare dovrà aver esercitato il mandato per almeno 5 anni e comincerà ad incassare l’assegno compiuti i 65 anni d’età.
La pdl non prevede invece alcun divieto di cumulo. Tanto per intenderci: gli ex deputati e senatori che in carriera sono stati parlamentari nazionali, europei e magari pure consiglieri regionali continueranno a percepire tre assegni. Bocciato in commissione anche l’emendamento del deputato ex 5 Stelle Riccardo Nuti (Gruppo Misto) che prevedeva l’abolizione del privilegio per i condannati in via definitiva per corruzione o mafia e la sospensione per chi invece è stato condannato in primo o secondo grado. “Il Pd – ha attaccato Nuti – tutela il vitalizio di chi si macchia di gravissimi reati, come corruzione e mafia, o l’indennità di chi viene arrestato”. Pd e M5S voteranno la pdl Richetti, così come FdI e un pezzo di Forza Italia. Ma la vera incognita resta Palazzo Madama.
“Quando la approveremo, la proposta passerà al Senato, e da allora saremo tutti i giorni davanti alla porta di Grasso a bussare per chiedere che venga subito calendarizzata”, ha messo a verbale il pentastellato Danilo Toninelli. “Un obbrobrio” e “un duro colpo allo Stato di diritto” lo ha definito invece Antonello Falomi, ex parlamentare di Rifondazione Comunista oggi presidente dell’Associazione degli ex parlamentari.
Tw: @GiorgioVelardi