Sullo spinoso tema dei vitalizi dei senatori la palla passa alla Corte Costituzionale. Alla Consulta è giunta l’ordinanza del Consiglio di Garanzia del Senato, la stessa è stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale e ora i giudici dovranno decidere se rimettere completamente in discussione il sistema dei tagli già parzialmente smontato a Palazzo Madama. L’operazione non si preannuncia però semplice neppure in questo caso: due giudici costituzionali sembrano in conflitto d’interessi.
I vitalizi sono stati tagliati al Senato quattro anni fa, ma 771 ex senatori hanno impugnato la delibera e ne hanno ottenuto l’annullamento
Considerati un intollerabile privilegio, i vitalizi sono stati tagliati al Senato quattro anni fa. Ben 771 ex senatori hanno impugnato quella delibera e ne hanno ottenuto l’annullamento dalla Commissione contenziosa, presieduta dall’azzurro Giacomo Caliendo. A fare ricorso è quindi stata l’Amministrazione di Palazzo Madama e nel dicembre scorso è arrivata la sentenza del Consiglio di Garanzia, presieduto da Luigi Vitali, anche lui di Forza Italia, che si è alla fine aggrappato alla Consulta.
Il Consiglio ha dichiarato illegittima la parte della delibera dell’ufficio di presidenza che ha preso come età di riferimento per il calcolo del montante l’età del senatore al momento della percezione del vitalizio anziché quella successiva alla delibera stessa. Una scelta che porta a ritoccare al rialzo i vitalizi senza incidere più di tanto sui tagli disposti, di cui la commissione contenziosa aveva fatto tabula rasa.
Allo stesso tempo, però, il Consiglio ha sollevato delle eccezioni di incostituzionalità, scaricando la patata bollente nelle mani della Consulta. La corposa ordinanza dell’organo presieduto da Vitali è quindi stata trasmessa alla Corte Costituzionale, che dovrà prendere una decisione, attesa entro fine anno.
Il Consiglio di Garanzia ha ritenuto “rilevante e non manifestamente infondata” la questione di legittimità costituzionale relativa alla legge del 1994 sulle Misure di razionalizzazione della finanza pubblica, nella parte in cui, nel sopprimere qualsiasi regime fiscale particolare per gli assegni vitalizi degli ex parlamentari, non prevede che queste prestazioni vanno disciplinate nel rispetto dei principi generali in materia previdenziale, facendo anche riferimento ai limiti posti al legislatore nell’individuazione dei parametri per determinare i vitalizi e con essi i limiti per un eventuale adeguamento retroattivo.
Ritenuta poi “non manifestamente infondata” la questione della legittimità costituzionale della delibera del Consiglio di presidenza del Senato del 18 ottobre 2018, laddove qualificata come “regolamento minore” avente forza di legge, “nella parte in cui viola i principi di proporzionalità e ragionevolezza nella determinazione retroattiva dei vitalizi”. Uno strumento all’apparenza con cui cercare di far smontare definitivamente i tagli delegando l’operazione alla Consulta.
A complicare ulteriormente la vicenda c’è infine il particolare che due giudici costituzionali sembrano in conflitto d’interessi. Il presidente Giuliano Amato è infatti tra i percettori del vitalizio, anche se potrebbe cessare dal mandato prima che venga discusso il caso sollevato dal Consiglio di Garanzia. E c’è poi il giudice Augusto Antonio Barbera, ex ministro per i rapporti con il Parlamento nel Governo di Carlo Azeglio Ciampi, ma soprattutto ex deputato, eletto prima con il Partito comunista e poi con il Pds, tra il 1976 e il 1994, e dunque tra i percettori dell’assegno d’oro.