Quella sul Mes è una discussione del tutto inutile. La revisione del Salva Stati, così come è stata messa a punto in sede europea, non solo non rappresenta un rischio, ma è anche conveniente per l’Italia. A gelare le polemiche sulla riforma del Meccanismo europeo di stabilità ieri è stato Ignazio Visco, governatore della Banca d’Italia, sentito sul tema dalle commissioni riunite Bilancio e Politiche Ue della Camera dei deputati. Il numero uno di Bankitalia ha subito messo in chiaro che la proposta di riforma, a suo avviso, “segna un passo nella giusta direzione, soprattutto perché introduce il backstop al Fondo di risoluzione unico”. Nessuna rivoluzione in vista.
La revisione del Mes infatti “non cambia la sostanza del trattato” vigente e “viene confermata l’esclusione di qualsiasi automatismo nelle decisioni circa la sostenibilità dei debiti pubblici e di un eventuale meccanismo per la loro ristrutturazione”. Ancor più chiaramente: “Come nel Trattato già oggi in vigore, non c’è scambio tra assistenza finanziaria e ristrutturazione del debito. Anche la verifica della sostenibilità del debito prima della concessione degli aiuti è già prevista dal Trattato vigente. È una clausola a tutela delle risorse dell’Esm, di cui l’Italia è il terzo principale finanziatore”.
Dunque nessun rischio per l’Italia come paventato invece da più parti in questi giorni. Secondo Visco, dal fondo Salva Stati c’è inoltre “un beneficio per l’Italia”, perché “siamo un paese creditore”. “Non credo ci sia una minaccia per la stabilità finanziaria”, ha aggiunto il governatore, per il quale “il nostro debito è sostenibile. Punto e punto esclamativo”. Scontato ma importante poi che un Paese con un alto debito pubblico, “soprattutto se il suo peso economico nell’area è elevato”, debba innanzitutto “porre in essere le condizioni per evitare di dover ricorrere all’Esm”.
Di più: “Come si acceda eventualmente ai suoi fondi non è irrilevante ma non dovrebbe essere il punto focale di attenzione”. Visco ha così ribadito che è fondamentale “proseguire in maniera credibile nel processo di consolidamento delle finanze pubbliche nei Paesi ad alto debito, cogliendo senza esitazione l’opportunità fornita dall’attuale contesto di bassi tassi di interesse”.
Per il governatore della Banca d’Italia, la riforma va infine utilizzata “come punto di partenza per riprendere con convinzione il percorso di integrazione europea”, mancando ancora “un disegno organico di completamento dell’unione monetaria” e il completamento dell’unione bancaria. Tanto che il Mes è considerato da Visco una “risposta a una delle incompletezze della governance economica europea”. “Fino alla crisi dei debiti sovrani – ha aggiunto – l’apparato europeo in materia di finanza pubblica era fondato sulla prevenzione delle crisi, affidata al rispetto di regole di bilancio volte a mantenere disavanzi e debiti pubblici entro limiti considerati prudenti. Non erano previsti strumenti per la gestione delle crisi sovrane e, anzi, la clausola di non salvataggio (no bail-out) del Trattato sul funzionamento dell’Ue, nella sua interpretazione più restrittiva, sembrava vietare qualsiasi intervento a sostegno dei paesi in difficoltà”.
Poi è stato necessario correre ai ripari. Determinante insomma anche per Palazzo Koch procedere, oltre che con la revisione del Mes, con un disegno organico di completamento dell’unione monetaria, tale da prevedere l’introduzione di una capacità di bilancio centralizzata e di una attività priva di rischio (safe asset) dell’area dell’euro, oltre che con il completamento dell’unione bancaria. Ma se questo è il futuro, sul dibattito attuale, quello sull’eventuale via libera alla riforma, il governatore, oltre a caldeggiare il disco verde alla revisione del Salva Stati, ha pure evidenziato che l’intesa ribadisce comunque la responsabilità esclusiva della Commissione europea nella valutazione complessiva della situazione economica dei Paesi e della loro posizione rispetto alle regole del Patto di stabilità e crescita e della procedura per gli squilibri macroeconomici.
Con la riforma l’Esm infatti potrà svolgere esclusivamente una preventiva attività di monitoraggio della situazione macroeconomica e finanziaria dei Paesi, inclusa un’analisi della sostenibilità del debito pubblico, con l’obiettivo di intervenire in modo tempestivo in caso di necessità, ma l’ultima parola è quella dell’esecutivo di Bruxelles.