Violenze e torture sui detenuti, girone dantesco nel carcere di Trapani

Enensimo caso di violenze dietro le sbarre. Stavolta l'inchiesta ha investito il carcere di Trapani, con 14 agenti finiti ai domiciliari

Violenze e torture sui detenuti, girone dantesco nel carcere di Trapani

“Un gironde dantesco”, degno “dei Miserabili di Victor Hugo”. Così il procuratore di Trapani Gabriele Paci ha descritto le risultanze dell’indagine che ieri ha portato 11 agenti penitenziari del carcere trapanese Pietro Cerulli agli arresti domiciliari e alla sospensione dal pubblico ufficio per altri 14. In tutto però sono 46 gli indagati. Pesantissimi i reati contestati a vario titolo e in concorso: tortura, abuso di autorità contro detenuti, falso ideologico, calunnia nei confronti di persone detenute.

Violenze e torture nella Palazzina Blu

L’indagine era partita dopo i maltrattamenti denunciati nel 2021 da alcuni reclusi. Le violenze avvenivano, secondo i racconti, in luoghi privi di telecamere di sorveglianza. Quando gli inquirenti hanno piazzato i dispositivi di videosorveglianza, si è svelato l’orrore. “Nella Palazzina blu, oggi chiusa per carenze igienico sanitarie, venivano portati i detenuti in isolamento, con problemi psichiatrici o psicologici, e che subivano violenze e torture. Alcuni agenti agivano con violenza non episodica ma con una sorta di metodo per garantire l’ordine”, ha ricostruito il procuratore Paci. “A volte i detenuti venivano fatti spogliare, investiti da lanci d’acqua mista a urina e veniva praticata violenza quasi di gruppo, gratuita e inconcepibile”, ha aggiunto.

Denudato e deriso

Un detenuto di origini marocchine è stato portato nell’ufficio dell’isolamento e davanti a una decina di agenti è stato costretto a denudarsi e poi è stato schernito per le dimensioni dei genitali. Quindi è stato costretto a percorrere il corridoio della sezione completamente nudo. Alla vittima, si legge nel decreto di perquisizione, “è stato causato un verificabile trauma psichico”.

Quattordici aggressioni ma i casi potrebbero essere molti di più

Fino a oggi sono state ricostruite 14 aggressioni simili, ma secondo l’accusa gli episodi sarebbero di più. Il “sistema” di punizioni e tortura si è interrotto nel 2023, ma solo perché la Palazzina blu è stata dichiarata fatiscente e chiusa. Il procuratore Paci ha parlato dello stato di degrado e stress generale che si viveva nel carcere, anche per gli agenti di polizia penitenziaria, “ma questo non legittima assolutamente le violenze”, ha sottolineato.

Cucchi: “Chissà se Delmastro prova gioia intima anche per il carcere di Trapani”

Immediate le reazioni all’ennesimo caso di supposte torture in carcere, che segue quello del penitenziario di Santa Maria Capua Vetere e dell’istituto minorile Beccaria di Milano. “Ormai non c’è regione d’Italia dove le mele marce della Polizia penitenziaria non siano accusate di abusi e comportamenti violenti ai danni dei carcerati. Poche mele marce che però infangano l’intero corpo. Anche dopo questa ennesima inchiesta il sottosegretario Delmastro prova gioia intima?”, si chiede la senatrice Avs Ilaria Cucchi.

Da M5s un’informativa urgente a Nordio

“Chiediamo un’informativa urgente del ministro Nordio per far luce sulla grave vicenda dei 25 poliziotti penitenziari accusati a Trapani e per riaprire un focus sul mondo della carceri e sulla condizione in cui vivono i detenuti e lavorano gli agenti”, attacca l’M5s Valentina D’Orso, “Vogliamo sapere da Nordio se non intende rivedere alcune disposizioni del Ddl Sicurezza, perché quel provvedimento non potrà che peggiorare la situazione negli istituti penitenziari”.

I sindacati difendono gli agenti e chiedono di cambiare il reato di tortura

Intanto i sindacati di polizia penitenziaria si schierano a fianco dei colleghi di Trapani e criticano sia la definizione sia l’uso del reato di tortura nelle accuse. “Trovo ingiusto e ingiustificato il clamore mediatico su episodi che sarebbero avvenuti all’interno della Casa circondariale di Trapani e sui quali sta indagando la magistratura: i processi si devono fare nelle aule di giustizia e non sui giornali”, dice il segretario generale del Sappe, Donato Capece. Che sottolinea “la definizione ambigua del reato di tortura nelle accuse”.

Per il segretario del S.PP., Aldo Di Giacomo, “è sempre più urgente la modifica radicale del reato di tortura (non l’abolizione), poiché così come previsto, di fatto impedisce di compiere qualsiasi tipo di attività di contrasto alle violenze che interessano quotidianamente tutti gli istituti del Paese”.