Violenza sulle donne, i soldi del Governo restano nel cassetto. Su 18 milioni stanziati, ne sono stati spesi soltanto sei

Violenza sulle donne, i soldi del Governo restano nel cassetto

di Carmine Gazzanni

L’Italia, il Paese dei buoni propositi. Anche su questioni importanti in ambito sociale com’è la lotta alle violenze di genere e al femminicidio. Una piaga non da poco se si considera che, secondo i dati Eures pubblicati ieri, sono state ben 152 le donne che nel 2014 sono state uccise nel nostro Paese. Un numero importante, drammatico, visto che rappresenta il 32% delle vittime totali.

LA LUNGA SFILZA DI LEGGI – Eppure i mezzi per far fronte alla problematica ci sarebbero tutti. E non da ora. Negli anni, infatti, perlomeno potenzialmente tanto è stato fatto. Nel 1996 venne approvata la legge sulle “norme contro la violenza sessuale” e poi nel 2009 con il decreto (poi convertito in legge) recante “misure urgenti in materia di sicurezza pubblica e di contrasto alla violenza sessuale, nonché in tema di atti persecutori”. Due provvedimenti importanti che hanno dotato il nostro Paese di strumenti per il contrasto alla violenza di genere. Affinché però ci possa essere una reale azione di tutela delle donne, si sa, sono necessari fondi di cui possano avvalersi centri e associazioni presenti sul territorio. Ce l’ha detto, d’altronde, anche l’Europa con la Convenzione del 7 aprile 2011 sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, ratificata in Italia il 19 giugno scorso. Cristallino l’articolo 8: “Le Parti stanziano le risorse finanziarie e umane appropriate per un’adeguata attuazione di politiche integrate, di misure e di programmi destinati a prevenire e combattere ogni forma di violenza rientrante nel campo di applicazione della presente Convenzione”. Ed ecco allora che – anche in funzione delle disposizioni comunitarie – nell’agosto del 2013 è stato approvato un altro decreto tramite cui si prevede anche un finanziamento “per la realizzazione di azioni a sostegno delle donne vittime di violenza”. Dieci milioni per il 2013. Ma non basta: governo e Parlamento sembravano voler fare realmente sul serio, e allora è stata inserita un’ulteriore norma nella legge di stabilità 2014, attraverso cui si è incrementato il fondo di 10 milioni di euro per ciascuno degli anni 2014, 2015 e 2016. Un finanziamento significativo  per far partire il “Piano di azione straordinario contro la violenza sessuale e di genere”. Un impegno importante, anche perché, per il 2014, risultavano a disposizione non solo i 10 milioni previsti ma anche ulteriori 8 di risorse non utilizzate nell’anno precedente. Per un totale di 18 milioni di euro.

SOLDI NEL CASSETTO – Tutto bello, tutto perfetto. Peccato che spesso in Italia tra il dire e il fare ci sia un oceano più che un mare. E così, come denunciato qualche giorno fa dalle associazioni di categoria (ActionAid, Dire, Wister), nel biennio 2014 per il piano antiviolenza sono stati spesi solo 6 milioni e mezzo. A riconoscerlo, d’altronde, anche Giovanna Martelli, la consigliera di Matteo Renzi che si occupa del dipartimento per le Pari Opportunità. Già, perché una delle ragioni dei ritardi è imputabile proprio al fatto che il premier, contrariamente ai suoi predecessori, ha deciso di tenere a sé la delega alle Pari Opportunità, rallentando di fatto anche l’assegnazione dei fondi.

REGIONI DORMIENTI – Ma non è finita qui. Le associazioni, infatti, hanno presentato giorni fa anche una mappatura delle risorse finora spese e dei centri regionali per aiutare le donne e i proprio figli (sul sito www.donnechecontano.it). E anche qui i numeri non sono positivi. Anzi, imbarazzanti: nonostante il piano preveda il coinvolgimento delle associazioni, come denunciato da Dire, solo sei Regioni hanno pensato di confrontarsi con la rete del volontariato. Ma non basta. Anche sul piano degli investimenti siamo indietro. Diverse Regioni non solo non hanno speso ancora nulla, ma nemmeno hanno provveduto ad impegnare il fondo. Nello specifico, erano la Campania, l’Emilia Romagna, il Lazio, la Lombardia, le Marche, la Sicilia, l’Umbria e il Veneto le Regioni che beneficiavano di risorse destinate all’istituzione di nuovi centri antiviolenza e di nuove case rifugio. Ebbene, solo l’Emilia Romagna e il Veneto hanno già istituito nuovi sportelli. E tutte le altre? L’Umbria finanzia nuovi posti letto in case già esistenti; il Lazio destina le risorse alle Provincie per 13 nuovi centri antiviolenza e 5 nuove case rifugio, ma ancora non sono partiti neppure gli avvisi pubblici. Surreale la situazione di Campania e Calabria: per la prima non vi sono ancora atti pubblici; la seconda nemmeno ha proceduto all’impegno e alla liquidazione delle somme assegnate. Insomma, non basta fare i soliti annunci. Ci vorrebbe l’impegno concreto nella tutela di genere e nel riconoscimento, vero, delle pari opportunità. Fino ad allora, oggi come nel resto dell’anno, c’è ben poco da festeggiare.

@CarmineGazzanni