Violenza sessuale e migranti: i conti non tornano

Il Fact Checking di Pagella Politica svela la realtà sotto la propaganda: la violenza sessuale non ha passaporto.

Violenza sessuale e migranti: i conti non tornano

C’è una regola non scritta nella politica di oggi: mai lasciare che i dati rovinino una buona narrazione. Giorgia Meloni l’ha seguita alla lettera quando, in un’intervista a Donna Moderna, ha affermato che “c’è un’incidenza maggiore, purtroppo, nei casi di violenza sessuale da parte di persone immigrate, soprattutto illegalmente”. Una frase che arriva con la potenza delle convinzioni di chi vuole usare la statistica come una clava, ma che, dati alla mano, si sgretola come sabbia.

La forza delle percentuali (quando tornano comode)

Per smontare questa tesi basta partire dai numeri messi in fila da Pagella Politica. Nel 2022, secondo l’Istat, sono state denunciate 5.775 persone per violenza sessuale. Di queste, il 57,8% era italiana e il 42,2% straniera. A prima vista, un dato che potrebbe dare ragione alla presidente del Consiglio: gli stranieri rappresentano solo l’8,7% della popolazione e, quindi, sembrano sovrarappresentati nei reati sessuali.

Ma qui entra in gioco il dettaglio che guasta la retorica. L’Istat ci ricorda che le violenze sessuali sono uno dei reati meno denunciati: appena il 16% delle vittime sceglie di rivolgersi alle autorità. Chi resta nell’ombra? E, soprattutto, chi è più facilmente identificato e denunciato? Rispondere a queste domande è fondamentale per capire come una statistica possa diventare un’arma impropria.

Denunciare chi non può difendersi

Uno studio Istat del 2014 mostra un dato sorprendente: le vittime di violenza sessuale tendono a denunciare più frequentemente quando l’aggressore è straniero. Perché? Perché un aggressore straniero, soprattutto se irregolare, è più facile da individuare e accusare. Perché vive ai margini, senza una rete sociale che lo protegga, senza le risorse per difendersi adeguatamente. E così, le statistiche si gonfiano, ma non della verità: di percezioni, di paure, di discriminazioni.

E poi c’è il problema di fondo. Quei dati, usati come pietra di paragone per giustificare una narrativa che divide, non distinguono tra immigrati regolari e irregolari. Non ci dicono nulla sul contesto socioeconomico, sulle condizioni di vita di chi finisce nella statistica. Sono numeri spogli, utili solo a chi vuole raccontare una storia di pericolo e insicurezza.

La sicurezza che diventa propaganda

Parlare di sicurezza attraverso il prisma dell’immigrazione è un’arma retorica potente. Funziona, perché tocca corde profonde, perché cavalca pregiudizi sedimentati. Ma nel farlo si perde di vista il problema reale. Il 57,8% degli accusati di violenza sessuale è italiano: dove sono le parole per affrontare questa realtà? Perché il problema non è mai il “chi”, ma il “perché”. Perché in Italia una donna su tre ha subito violenza fisica o sessuale. Perché l’educazione, il sostegno alle vittime, le politiche di prevenzione continuano a essere insufficienti.

I numeri veri della violenza

L’unica certezza, leggendo i dati, è che il fenomeno della violenza di genere in Italia è trasversale. Non ha passaporto, non ha cittadinanza. Eppure, ci si ostina a usare gli stranieri come capro espiatorio, a semplificare il discorso, a dividere. È più comodo che affrontare le radici di un problema che riguarda tutti, senza distinzioni.

C’è chi, come Pagella Politica, ha il coraggio di verificare e smentire. La loro analisi evidenzia che i numeri raccontano una storia diversa da quella di Meloni. Non c’è un’emergenza immigrati, ma una narrazione che si alimenta di semplificazioni e omissioni. E ogni volta che lo si fa, si tradisce una battaglia sacrosanta: quella contro la violenza, tutta, ovunque, chiunque la compia.

Alla fine, i numeri non mentono. A differenza della propaganda.