La Sveglia

Vietato divulgare pensiero, arrestati due librai

Vietato divulgare pensiero, arrestati due librai

Due librai arrestati. Due librai, non trafficanti, non pericolosi sovversivi. Due uomini che vendono libri e diffondono pensiero. Mahmoud e Ahmad Muna, della celebre Educational Bookshop di Gerusalemme Est, sono stati arrestati dalle forze israeliane. Il motivo? Non dichiarato, come accade spesso nei territori occupati, dove la legge diventa arbitrio e la libertà una concessione revocabile a piacere.

Non si tratta di un caso isolato. Colpire il sapere è un atto strategico. Chi controlla la narrazione, controlla la storia. E chi vende libri in Palestina non diffonde solo pagine, ma resistenza culturale. La libreria Muna è da anni un punto di riferimento per studiosi, attivisti e chiunque voglia comprendere cosa significa vivere in un territorio dove la sopravvivenza passa anche per la parola scritta. Colpire una libreria è un messaggio chiaro: si teme la verità che quei libri raccontano.
La rete delle librerie indie del Mediterraneo ha chiesto il rilascio immediato di Mahmoud e Ahmad. Un appello che dovrebbe scuotere coscienze e istituzioni, perché la libertà di leggere è il fondamento di ogni democrazia, anche quando questa democrazia si trasforma in oppressione. Bisogna chiamare le cose con il loro nome: impedire l’accesso ai libri è una forma di repressione sistematica, un attacco all’identità di un popolo. La stessa identità che qualcuno vorrebbe sovrapporre al terrorismo per avere il diritto di distruggerla.

Arrestare librai significa temere il pensiero. E temere il pensiero significa aver già perso. Ma significa anche rivelare, una volta di più, il volto di chi opprime. E il mondo dovrebbe smettere di guardare altrove.