Siamo in Abruzzo. Forse pochi lo conoscono, ma qui c’è uno dei più grandi centri commerciali d’Italia, il Megalò. Parliamo di 35 ettari di superficie, 2.800 posti auto, 110 negozi, un bacino di utenza stimato in 475mila persone. Chissà se però i tanti che frequentano il Megalò ogni giorno sanno anche che la struttura poggia su vere e proprie dighe alte quasi 11 metri che circondano buona parte dell’immensa area. Il motivo? Semplice: lì vicino scorre il fiume Pescara e l’area dove sorge il centro commerciale è stata bollata come “ad alto rischio esondazione”. Ma pare non interessi, dato che intanto si progettano in Regione il Megalò 2 e 3. Scendiamo e arriviamo in Calabria. Precisamente in Provincia di Catanzaro. Qui doveva nascere una delle più grandi discariche d’Europa in zona “Battaglina”. Dopo anni di stop, rinvii e battaglie a colpi di carte bollate presso il Tar e il Consiglio di Stato, l’opera non è stata più realizzata perché c’erano evidenti problemi idrogeologici e di rischio sismico. E ora? Nulla. Esattamente il nulla: sul terreno 10 ettari di bosco sono stati sostituiti da un vasto cratere. Che resta tale.
Stato? Sempre Stato assente – Questi non sono che due esempi di una serie sterminata che emergono dal rapporto realizzato da Legambiente “Suolo minacciato, ancora cemento oltre la crisi”, un viaggio nell’Italia del cemento che soffoca suolo e terreni, in buona parte già definitivamente compromessi. I dati elaborati dall’associazione in base a quelli già raccolti dall’Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) sono a dir poco eloquenti. L’urbanizzazione del territorio ha impermeabilizzato o compromesso, fino al 2015, circa 2,11 milioni di ettari: il 7% del territorio nazionale, pari a circa un sesto della superficie coltivata (SAU). E il risultato pro capite non può che essere devastante: abbiamo 346 metri quadrati di cemento per ogni abitante. Non è un caso che anche in Parlamento, ricordano ancora da Legambiente, ci si sia occupati della questione. Ma, ahinoi, con scarsi risultati. A maggio 2016, infatti, la Camera dei Deputati ha approvato una legge proprio sul contenimento del consumo di suolo, per porre limiti alla edificazione di nuovi territori e incentivare invece la rigenerazione urbana. Peccato, però, che da allora nulla sia statao fatto, dato che il disegno di legge staziona in Senato, senza che nemmeno abbia affrontato il dibattito in commissione. Ergo: ci sono poche possibilità di vedere l’approvazione della legge entro questa legislatura.
Mattone su mattone – Nel frattempo, invece, i casi di consumo di suolo abbondano. Al Sud come al Nord. Per dire: in Emilia Romagna c’è l’avvio dei lavori per la realizzazione del primo lotto della Tirreno Brennero, che sarà con tutta probabilità anche l’ultimo dato che, denuncia Legambiente, “i 2 miliardi necessari per completare l’opera non sono, né saranno, disponibili in futuro” e così l’opera si interromperà in piena campagna, nel comune di Sissa-Trecasali, senza alcun collegamento a poli logistici, produttivi, o ad agglomerati urbani significativi. Altra Regione, altra colata di asfalto. Prendiamo la Pedemontana lombarda, di cui al momento sono stati effettivamente realizzati solo i primi due lotti. Se l’opera venisse realizzata totalmente (ma non è detto, visto che le previsioni di traffico sono di gran lunga inferiori rispetto al progetto iniziale), avremmo una deforestazione di ben 200 ettari. La più grande mai compiuta in Lombardia. In Sicilia, tra Punta Religione e Marina di Modica un lembo di area costiera classificato come Sito di Interesse Comunitario, protetto dalla direttiva Habitat per la presenza di ambienti preziosi e vulnerabili, ha visto ripartire le ruspe (già bloccate nel 2006) per la realizzazione di un complesso turistico di 40mila metri quadri di superficie, di cui tremila metri quadri di edifici. Così. Per dire.
Tw: @CarmineGazzanni