Un vertice che Giuseppe Conte non esita a definire “storico” quello che giovedì a Bruxelles ha sancito l’accordo sul bilancio comune europeo: il via libera al Quadro finanziario pluriennale (Qfp) ma soprattutto al Fondo per la ripresa segna un passaggio fondamentale per l’erogazione a partire dal prossimo anno delle prime risorse concordate nell’ambito del Next Generation Eu, che comlessivamente valgono circa 1,8 miliardi di euro. “Abbiamo raggiunto questo risultato senza rinunciare a nessuno dei nostri principi, abbiamo ribadito il principio dello Stato di diritto e non abbiamo toccato il regolamento sulla condizionalità del bilancio legato sullo stato di diritto”, ha commentato il premier.
Il riferimento è al fatto che l’attesa fumata bianca è arrivata dopo aver superato i veti di Polonia e Ungheria che per settimane avevano minacciato di non dare il via libera all’aumento del massimale delle risorse proprie dell’Unione che costituiscono la garanzia per l’emissione obbligazionaria di 750 miliardi di euro stanziati con il Recovery Fund proprio per via della clausola che lega l’erogazione dei fondi al rispetto dello stato di diritto. L’impasse è stata superata grazie all’ultimatum della presidenza di turno tedesca ma, sebbene il meccanismo che vincola l’erogazione dei fondi al rispetto dello stato di diritto venga confermato, il compromesso trovato con Orbàn e Morawiecki prevede che nel caso in cui uno Stato membro invochi un parere della Corte di giustizia europea, eventuali misure sanzionatorie siano congelate fino alla sentenza.
Insomma, non proprio un accordo sfavorevole per i due Stati “dissidenti” ma non si poteva permettere che l’iter per sbloccare i fondi fosse messo ancora in stand by. “Ora è essenziale che la ratifica del pacchetto per la ripresa da parte dei Parlamenti nazionali e dal Parlamento europeo avvenga il prima possibile”, ha spiegato ieri la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen e gli ambasciatori dei 27 si sono già riuniti nel Coreper per avviare le procedure necessarie. Il Parlamento europeo è pronto a votare il pacchetto nella prossima plenaria lunedì a Strasburgo, ed è iniziata anche la procedura scritta per le “risorse proprie”, provvedimento che passerà poi al vaglio dei parlamenti nazionali, fondamentale per la messa in moto del Recovery: i tempi sono serrati e ne è consapevole anche Conte, pur precisando che sulla ratifica nazionale del Recovery Fund “ragionevolmente sarà difficile che potremo partire prima di febbraio. Questo è il nostro obiettivo – aggiunge – e ci fa capire che non dovremo rallentare la concentrazione sul fronte interno per continuare a lavorare alla elaborazione del piano”.
Ma il vertice dei leader Ue non ha portato solo al superamento dello stallo sul fronte del Recovery, ne escono rafforzati programmi come Orizzonte Europa, UE per la salute e Erasmus+, grazie ad una dotazione di 15 miliardi di euro, e sono stati fissati obiettivi ambiziosi per affrontare efficacemente le sfide ambientali dei prossimi anni: raggiunto un accordo sul clima che prevede la riduzione delle emissioni di gas serra del 55% entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990. Aumentano anche le spese relative alla difesa, che passano dai 0,5 miliardi di euro del 2014-2020 ai 7 miliardi del nuovo bilancio. Le istituzioni europee hanno deciso inoltre di premere l’acceleratore sul fronte della transizione digitale, rafforzata anche dai progetti nazionali in fase di definizione che dovranno essere sottoposti all’attenzione di Bruxelles per accedere ai fondi.