Palazzo Madama vota la fiducia posta sul decreto elezioni che accorpa regionali e referendum il prossimo 20 settembre. I voti favorevoli sono 145, due i contrari. L’opposizione non partecipa al voto. Ma in serata dopo un’attenta verifica del computo dei congedi (che porta il numero legale a 150 mentre i presenti al momento del voto erano 149) la presidenza del Senato annulla la votazione e la ripropone per questa mattina, quando alla fine il dl è stato approvato. In precedenza la giornata era stata segnata da altri momenti di tensione. Durante l’esame del testo il senatore leghista Roberto Calderoli, in base all’articolo 96 del Regolamento di Palazzo Madama, avanza la proposta di “non passare all’esame degli articoli”.
Proposta che viene, inizialmente, votata con alzata di mano e approvata. Ma viene richiesta la controprova con voto elettronico. E qui il risultato viene rovesciato per soli tre voti, in realtà due perché la senatrice Tiziana Drago del M5S dichiarerà di aver votato per errore con il tablet, pur essendo rimasta fuori dalla porta della tribuna. Protesta vibrante dell’opposizione. La posta in gioco è alta. Se fosse passata la proposta Calderoli il decreto (scadenza oggi) sarebbe finito su un binario morto. Nel tempo intercorso tra la richiesta e l’effettuazione della controprova, accusa il centrodestra, non sarebbero state chiuse tutte le porte d’accesso e l’affluenza in Aula di senatori della maggioranza, non presenti al voto per alzata di mano, avrebbe ribaltato l’esito della votazione.
“Ho detto di chiudere tutto, se poi qualcuno non l’ha fatto e qualcuno non ha verificato che questo accadesse, compresi i commessi, ognuno risponderà di quello che ha fatto, ma non può lei rivolgersi a me dicendo che le porte non sono state chiuse quando io ho premesso che doveva essere chiuso tutto”, replica a Calderoli il presidente del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati. La senatrice Licia Ronzulli di Forza Italia chiede alla presidenza di verificare con le telecamere a circuito chiuso l’accesso indebito alle tribune di senatori che non avevano diritto di votare. Richiesta che viene accolta. La seduta viene sospesa per verificare la chiusura delle porte nelle tribune. Alla ripresa dei lavori, sulla base delle testimonianze acquisite e di una relazione dei questori, il presidente precisa che, in fase di controprova, tutte le porte sono state chiuse, nessun senatore è entrato nell’emiciclo e nelle tribune. Legge un elenco dei senatori rimasti fuori e conferma che la richiesta di Calderoli è stata bocciata: 102 favorevoli e 104 contrari al “non passaggio agli articoli”. Il caso è chiuso.
Subito dopo il ministro per i rapporti con il Parlamento Federico D’Incà può porre la questione di fiducia sul testo. Il senatore leghista Massimiliano Romeo non si rassegna e rileva che il lasso di tempo intercorso tra il voto per alzata di mano e la controprova ha consentito ai senatori di maggioranza di raggiungere le postazioni e di ribaltare l’esito della votazione. Casellati respinge al mittente il rilievo sulla tempistica della votazione (“Non posso transigere che uno possa dire che io ho perso del tempo per far sì che arrivasse parte delle persone che non erano in Aula. Questo lo trovo inaccettabile”) ma condivide la preoccupazione per l’andamento dei lavori (“Sono d’accordo con le sue considerazioni circa l’andamento di questa Assemblea, che è diventata invisibile perché non mi sembra dignitoso per il Senato che andiamo avanti a forza di decreti-legge e non voti”). “Senza andare al Var – commenta Matteo Renzi – possiamo dire che molti erano al bar ma non considero questo un incidente, succede. Siamo caduti nella trappola mensile di Calderoli. Semmai si può considerare discutibile l’atteggiamento della presidente del Senato che non ha dato la parola a Cucca”.
La Casellati, questa mattina, si è detta “profondamente amareggiata” per quanto avvenuto durante il voto di fiducia al decreto legge Elezioni e parla di un “disguido informatico nei tabulati”. “Mi si può dire tutto – ha aggiunto la presidente del Senato – ma che si imputi alla Presidenza un errore informatico mi pare eccessivo”. Il via libera definitivo del Senato al decreto Elezioni è arrivato stamattina, accolto da un lungo applauso della maggioranza. I senatori presenti erano 162, i votanti 158, la maggioranza fissata a 80. Il numero legale è stato garantito e fissato a 158.