Con 370 sì, 282 no e 36 astensioni, la plenaria del Parlamento europeo ha approvato con voto palese la squadra della nuova Commissione europea presieduta da Ursula von der Leyen.
La leader popolare tedesca ottenne a luglio, con un voto segreto, il mandato a formare la Commissione con 401 sì. Ora passa l’esame con 10 voti in più rispetto alla maggioranza assoluta degli aventi diritto, che è di 360 eurodeputati su 720. Un dato pari al 51,39% degli aventi diritto, il peggior risultato di sempre nella storia europea.
L’apertura alle destre di Ursula (vedi Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni), ha comportato diverse defezioni importanti nei ranghi dei gruppi politici in principio favorevoli al bis.
Un’emorragia di voti per Ursula con l’apertura alle destre
Le maggiori sono state registrate nel Ppe, partito cui appartiene von der Leyen (21 voti contrari) e tra i Socialisti e Democratici (25 contrari, soprattutto francesi e belgi, compresi i due indipendenti italiani eletti col Pd Strada e Tarquinio, e 18 astenuti).
Nell’altro gruppo della vecchia “maggioranza Ursula”, quello dei liberali di Renew, hanno votato quasi tutti a favore, salvo sei astenuti (irlandesi e belgi).
Una maggioranza dei Verdi (27) ha deciso di sostenere von der Leyen, mentre 19 eurodeputati del gruppo hanno votato contro (compresi gli italiani Marino, Orlando e Scuderi), e sei si sono astenuti.
Tra le file dei Conservatori del gruppo Ecr i voti a favore sono stati 33 (tra cui gli italiani di FdI), mentre i contrari sono stati 40 (tra cui i polacchi del Pis), e gli astenuti quattro.
Hanno votato compatti contro la fiducia tutti gli eurodeputati del gruppo della Sinistra, compresi gli italiani Lucano e Salis (Sinistra italiana) e gli otto eletti del M5S.
Compatti contro la fiducia anche i due gruppi di estrema destra, i Patrioti per l’Europa (compresi gli eurodeputati della Lega) e i Sovranisti del gruppo Esn (Europa delle nazioni sovrane).
Si spaccano le coalizioni italiane
Dunque il voto su Ursula ha spaccato le coalizioni in Italia. Il M5S, coerente con la linea mantenuta sin dalla prima ora, è fermo all’opposizione assieme ai Verdi italiani e a Sinistra italiana. Il Pd, come abbiamo detto, conta le defezioni degli indipendenti eletti nelle sue file.
Si spacca, non solo in Italia ma anche in Europa, pure la maggioranza. La Lega vota no. Sarebbe interessante sapere come la premier che accusava il Pd, critico nei confronti del suo commissario Raffaele Fitto, di anti-italianità, commenterebbe il no del Carroccio.
Senza considerare che, come fa notare il leader del M5S, Giuseppe Conte, Meloni aveva detto ‘mai con la sinistra a Roma e a Bruxelles’, e poi ha votato con il centrosinistra a favore della Commissione von der Leyen.
Un discorso intriso di retorica bellicista
Per quanto riguarda il discorso tenuto alla plenaria da von der Leyen nessuna novità: si conferma l’annacquamento del Green deal e la linea bellicista.
“Dobbiamo e manterremo la rotta sugli obiettivi dell’European Green Deal”, dichiara Ursula. Però subito dopo aggiunge: “Ma se vogliamo avere successo in questa transizione, dobbiamo essere più agili e accompagnare meglio le persone e le aziende lungo il percorso”.
Nessuna novità: il “patto verde” viene rieditato nella versione “Clean Industrial Deal”, patto per l’industria pulita a dimostrazione della necessità di tenere legati l’aspetto della “rivoluzione verde” e quello della competitività dell’industria europea. Ovvero una transizione molto più lenta verso gli obiettivi green.
“La Russia spende fino al 9% del suo Pil per la difesa. L’Europa spende in media l’1,9%. C’è qualcosa di sbagliato in questa equazione. La nostra spesa per la difesa deve aumentare. E abbiamo bisogno di un mercato unico della difesa”, ammonisce la presidente.
“Ursula von der Leyen si è messa l’elmetto. Nel suo discorso di presentazione della nuova Commissione europea ha sposato la retorica bellicista e guerrafondaia dimenticando il grido di dolore di chi vive in condizione di povertà e precarietà, oltre 100 milioni di cittadini europei”, commenta Gaetano Pedullà, europarlamentare M5S.
“Questa dovrà essere una Commissione per gli investimenti, per sbloccare i finanziamenti necessari alla transizione verde, digitale e sociale”, dice ancora von der Leyen. Ma diventa difficile crederle dal momento che con il suo primo mandato ci ha lasciato in eredità un Patto di stabilità e crescita che strozza i Paesi, specie quelli con elevato debito pubblico come l’Italia, imponendo loro un percorso di rientro dal deficit di tagli e sacrifici spalmati su quattro o, come nel nostro caso, su sette anni. Che si traducono in una sforbiciata che va dai dieci a i tredici miliardi di euro l’anno.