Dieci anni di tentativi falliti rendono la missione quasi impossibile. A liberare la Rai dal guinzaglio della politica, del resto, ci hanno provato in tanti. Ma a poco è servito che, nell’ardita sfida, si siano cimentati in prima persona autorevoli personaggi del mondo politico. Da Tana De Zulueta, che si fece carico di presentare una proposta di legge sotto la spinta di una petizione popolare, a Paolo Gentiloni. Per non parlare del testo messo a punto, nella passata legislatura, dall’auttuale presidente della Camera, Roberto Fico.
PROVE D’INTESA. Non si è però lasciato scoraggiare dai precedenti, tutt’altro che beneauguranti, il vice presidente M5S della commissione di Vigilanza, Primo Di Nicola. Che, dopo aver ripresentato a Palazzo Madama lo stesso ddl a suo tempo depositato da Fico a Montecitorio, ha riunito ieri, a Palazzo Giustiniani, attorno al tavolo del convegno Una nuova Rai è possibile, i vertici di Viale Mazzini con esponenti politici di maggioranza e opposizione. Un’occasione per testare la possibilità di rimettere in moto la macchina della riforma Rai, con un orizzonte politico trasversale e condiviso, per provare a tagliare il fatidico traguardo finora sempre mancato.
“L’obiettivo è mettere alla guida di Viale Mazzini un organismo autonomo elettivo, espressione di competenze in grado di amministrarla e metterla al riparo da ogni interferenza politica nel solco del tanto osannato modello anglosassone. Certo, occorrerà trovare una sintesi tra le diverse proposte, prendendo il meglio da tutti i testi depositati in Parlamento”, spiega di Nicola. E il convegno è stato il primo passo in questa direzione. “Il passo successivo sarà quello di assicurare che l’iter di approvazione della riforma proceda spedito”. Assente il presidente della Camera Fico, ieri ai funerali dei tre vigili del fuoco morti ad Alessandria, che ha però recapitato il suo messaggio: “Un confronto serio e non rituale sul servizio pubblico radio-televisivo è indispensabile” per “portare definitivamente lontano la Rai dalle ingerenze della politica”.
La piaga in cui ha infilato il dito il segretario Usigrai, Vittorio Di Trapani: “Tutti i partiti sono coinvolti nel bavaglio messo alla Rai Servizio Pubblico”. Certo non mancano le perplessità. Come quelle del presidente della Vigilanza, Alberto Barachini (FI), sull’impostazione del ddl Di Nicola rispetto al ruolo della stessa Vigilanza, definita nella relazione introduttiva “l’anticamera dell’indebita influenza del servizio pubblico radiotelevisivo” e “il luogo fisico e simbolico attraverso cui i partiti politici hanno trasformato la Rai da strumento della collettività a territorio da spartire e subordinare ai propri interessi”.
Secondo Barachini “per eliminare ogni ingerenza della politica nella Rai”, basterebbe “modificare il modello di corporate governance, ovvero cambiare il modo di selezione degli amministratori o, ancora, sostituire l’organismo di vigilanza”. Come dire, le regole contano, ma contano di più “gli uomini e le loro buone intenzioni”. L’indipendenza è un valore irrinunciabile per l’Ad Rai, Fabrizio Salini: “Ho sempre pensato che tra la Rai e la politica dovesse sussistere una giusta distanza che permettesse di produrre valore sia per l’azienda pubblica che per chi vigila”. Aperture anche dal dem Antonello Giacomelli disponibile ad avviare “come maggioranza una riflessione spietata sul Servizio Pubblico, partendo dai nodi irrisolti” fra cui quello del gettito dirottato verso altre finalità e a “imboccare il cammino per immaginare una nuova governance”. Insomma, primi segnali di intesa. Il traguardo è ancora lontano ma non impossibile.