Addio vitalizio per Ottaviano Del Turco (nella foto). Alla luce della condanna definitiva inflitta all’ex segretario del Partito socialista italiano e successivamente esponente del Pd, il Consiglio di Presidenza del Senato gli ha tolto l’assegno. Altri suoi quattro ex colleghi parlamentari, nonostante siano stati condannati per reati gravi, si sono invece salvati. E Roberto Formigoni, a cui sempre il vitalizio è stato già tolto, spera ora nel ricorso alla Commissione contenziosa, che qualcosa gli ha già ridato.
LO SCREENING. Come ogni anno da Palazzo Madama hanno chiesto al Ministero della giustizia l’elenco aggiornato dei certificati del casellario giudiziale relativo a condanne penali inflitte a ex senatori che percepiscono gli assegni vitalizi o di pensione. Una richiesta fatta per valutare l’applicazione della deliberazione del Consiglio di presidenza del 7 maggio 2015, voluta dall’allora presidente Pietro Grasso, e relativa alla cessazione dei vitalizi per i senatori che hanno riportato condanne definitive particolarmente gravi. Esaminati dunque i casi di Ottaviano Del Turco, Giovanni Di Benedetto, Roberto Formigoni, Luigi Grillo, Salvatore Marano e Piergiorgio Stiffoni.
Il Consiglio di presidenza per Del Turco ha deciso di cancellare il vitalizio. Dopo aver perso l’assegno dalla Regione Abruzzo, l’ex ministro delle finanze deve così dire addio anche a quello parlamentare, inizialmente di 6.590 euro, poi ridotto a 5.507. Determinante la condanna definitiva a 3 anni e 11 mesi di reclusione, per induzione indebita a dare o promettere utilità, emessa nel 2017 dalla Corte d’Appello di Perugia e confermata dalla Cassazione. Un processo nato dall’inchiesta della Procura di Pescara sulla gestione della sanità privata in Abruzzo.
C’E’ CHI SE LA CAVA. A mantenere l’assegno sono invece quattro ex senatori. Giovanni Di Benedetto, ex parlamentare democristiano di Pordenone, si è visto notificare dal gip della sua città un cumulo pene tra accuse di violazione delle norme sul fianziamento dei partiti politici, corruzione aggravata per atti contrari ai doveri d’ufficio, turbativa d’asta, abuso d’ufficio, violazioni alle norme urbanistiche, evasione fiscale e tentata istigazione alla corruzione. L’ex senatore può però dormire sonni tranquilli. Ha sempre patteggiato, lo ha fatto per diversi reati che non rientrano tra quelli finiti nella delibera Grasso e soprattutto i patteggiamenti sono precedenti a tale delibera e tale particolare fa sì che non comportino la cancellazione del vitalizio.
Una situazione analoga a quella dell’azzurro Luigi Grillo, che è stato anche sottosegretario al bilancio e alla Presidenza del Consiglio dei Ministri. Può tenersi stretti i suoi 10.382 euro al mese, che non sono stati intaccati neppure dai tagli del 2018. Accusato di essere parte di un’associazione per delinquere, di turbativa d’asta, corruzione relativa alle Asl milanesi e utilizzo di segreti d’ufficio, ha patteggiato davanti al gip di Milano a due anni e otto mesi di reclusione ed è salvo avendolo fatto nel 2014. Così come il leghista Piergiorgio Stiffoni, che si tiene i suoi 6.951 euro al mese, tagliati di mille euro due anni fa, nonostante abbia patteggiato a due anni e mezzo per peculato come tesoriere del Carroccio, per la gestione dei fondi a Palazzo Madama ai tempi di Francesco Belsito e Umberto Bossi. Ancora in bilico invece la posizione dell’azzurro Salvatore Marano con patteggiamenti per decine di bancarotte.
IL CELESTE. Particolare infine la situazione di Roberto Formigoni al quale, dopo la condanna della Corte d’Appello di Milano nel 2018, confermata dalla Cassazione l’anno successivo, l’assegno è stato già tolto. L’esponente di FI ha però fatto ricorso alla commissione contenziosa e spera di riuscire a rimettere così le mani sul vitalizio, sostenendo di essere indigente, per cui già gli è stato ridato un assegno da 700 euro: la sua posizione è ancora monitorata.