Via della seta europea, le multinazionali ringraziano

Il rapporto Oxfam svela: la strategia Ue per la Via della seta favorisce le multinazionali europee a scapito dei Paesi poveri.

Via della seta europea, le multinazionali ringraziano

L’Europa si veste da Babbo Natale ma i pacchi li consegna solo alle sue grandi aziende. È questa la fotografia che emerge dall’ultimo rapporto di Oxfam sul Global Gateway, la strategia dell’Ue per gli investimenti e lo sviluppo globale. Lanciata nel 2021 come alternativa “democratica e trasparente” alla Via della Seta cinese, il Global Gateway dovrebbe mobilitare fino a 300 miliardi di euro entro il 2027 per progetti di sviluppo nel Sud del mondo. Peccato che dietro la retorica dei “valori europei” si nasconda una realtà ben diversa.

Secondo l’analisi di Oxfam, oltre il 60% dei progetti finanziati dalla via della Seta europea andrà a beneficio di almeno un’azienda europea. Su 40 progetti esaminati, 25 sosterranno colossi del Vecchio Continente come Siemens, Moller Group o Suez. Solo il 16% degli investimenti riguarderà settori chiave per lo sviluppo come sanità, istruzione e ricerca.

Il volto nascosto del Global Gateway: “Profitti privati con fondi pubblici”

Ma non è tutto. Almeno sette aziende che fanno parte del Global Gateway Business Advisory Group – il gruppo di “esperti” istituito dalla Commissione europea – hanno già firmato contratti finanziati con i fondi del programma. Un bel conflitto di interessi, non c’è che dire.

Il quadro che emerge tradisce le regole europee, dato che la principale fonte di finanziamento del Global Gateway è il budget comunitario per gli aiuti allo sviluppo. Fondi che, sulla carta, dovrebbero essere impiegati per “ridurre ed eliminare la povertà nel lungo termine”. Certamente non per ingrassare i bilanci delle multinazionali europee.

“Esiste il rischio concreto che il bilancio degli aiuti dell’Ue venga destinato più alla difesa degli interessi geopolitici ed economici europei, che alla lotta alla povertà e alla promozione dello sviluppo sostenibile”, denuncia Francesco Petrelli di Oxfam Italia. Insomma, il Global Gateway rischia di “alimentare i profitti delle imprese con i soldi dei contribuenti europei”.

Ma non è solo una questione di soldi. Il rapporto evidenzia anche l’opacità della strategia, con una preoccupante mancanza di informazioni su progetti, finanziamenti e valutazioni d’impatto. Difficile stabilire in che misura il Global Gateway contribuisca davvero allo sviluppo sostenibile.

C’è poi il rischio che questa strategia accresca le disuguaglianze in molti Paesi fragili. In Perù, ad esempio, uno dei progetti individuati incoraggia le famiglie più povere a sottoscrivere mutui per l’acquisto di proprietà agricole, con il rischio di indebitarle ulteriormente e spingerle ancora più in povertà.

Non va meglio sul fronte del debito. L’Ue avvierà progetti del Global Gateway in 29 dei 37 Paesi poveri più indebitati del mondo, privilegiando i prestiti rispetto alle sovvenzioni. Una scelta che rischia di ridurre ulteriormente la capacità dei governi di soddisfare i bisogni della popolazione.

Via della seta europea, sviluppo sostenibile o nuova forma di sfruttamento?

Insomma, dietro la retorica dello “sviluppo sostenibile” si nasconde una strategia che sembra più orientata a creare nuovi mercati per le aziende europee che a combattere povertà e disuguaglianze. Una beffa per i contribuenti europei e soprattutto per le popolazioni dei Paesi destinatari degli “aiuti”.

Per questo Oxfam chiede una revisione radicale del Global Gateway, a partire da una maggiore trasparenza e da un vero coinvolgimento dei Paesi partner e della società civile. Serve un cambio di rotta, per trasformare questa strategia in un reale strumento di sviluppo e non in un’autostrada per i profitti delle multinazionali europee.

Ma siamo sicuri che Bruxelles ascolterà? O continuerà a nascondere dietro nobili intenti una politica di stampo neocoloniale? Ai posteri l’ardua sentenza. Nel frattempo, il Sud del mondo aspetta ancora quegli aiuti promessi. Quelli veri, però.