Il M5s alza la posta. Non più solo Silvio Berlusconi, ma tutta Forza Italia deve restare fuori da un Governo di cui facciano parte i pentastellati. “Non c’è un solo italiano che non sappia che è impossibile scindere FI e Berlusconi – dice Alfonso Bonafede, indicato da Luigi Di Maio come ministro della Giustizia di un suo possibile Esecutivo, a La Stampa –. Il prossimo Governo deve realizzare il cambiamento e sarebbe impossibile farlo con Forza Italia”.
Parole che arrivano il giorno dopo quelle del candidato premier del M5s e rivolte direttamente al leader della Lega, Matteo Salvini. “Capisco che abbia difficoltà a sganciarsi da Berlusconi, ma da Arcore non può partire nessuna proposta di cambiamento”, ha detto ieri Di Maio dopo il vertice tra i leader del Centrodestra. Non è da lì che può scaturire “un Governo di cambiamento ma solo un Governo-ammucchiata. Per noi – ha aggiunto il leader del M5s – questo film non esiste”. Ma di veto in veto, nella settimana in cui al Quirinale andrà in scena il secondo giro di consultazioni, trovare la quadra sembra una mission impossible. Anche dentro al Partito democratico le acque restano agitate. Al Corriere della Sera il vicepresidente della Camera, Ettore Rosato, ricorda come “noi ci siamo candidati per governare”, dopodiché “l’esito elettorale ci ha collocati in minoranza e comunque il Governo non si fa a prescindere, si fa su dei contenuti e delle proposte. E su questo terreno – assicura Rosato – la sintonia tra 5 Stelle e Lega mi sembra palese”. Insomma, porte chiuse a Di Maio & C., è il senso.
“In democrazia nessuno è spettatore specialmente quando ci si trova in una situazione difficile come la nostra”, replica il ministro della Giustizia uscente, Andrea Orlando, ospite di Circo Massimo su Radio Capital. “Siamo tutti d’accordo sul fatto che l’esito delle elezioni è una collocazione all’opposizione” e che “le possibilità di realizzare un percorso di Governo serio sono remote – ricorda Orlando –. Ma opposizione significa cose diverse, una collocazione contemplativa o un ruolo attivo, sulla base di punti precisi che si possono realizzare. L’idea di stare a guardare mangiando pop corn non mi piace, in democrazia nessuno è spettatore”. Quanto alle trattative sul nuovo Esecutivo, Orlando ammette di avere “forti dubbi” sulle reali possibilità di un dialogo tra dem e M5s, dopo l’apertura di sabato di Di Maio: “Non so se ci sono le condizioni” per un’intesa con il M5s sul governo, spiega: “Partiamo da punti molto distanti tra loro. Mi pare molto difficile pensare a qualche forma di collaborazione se non convergere su singoli punti, come succede in democrazia. Ma credo che quello che rende poco credibile Di Maio è il fatto di dire: ‘se c’è Salvini sto con Salvini se no mi rivogo al Pd’. Come se fosse indifferente l’elemento di merito”.
Comunque, per il Guardasigilli bisogna “apprezzare quando i toni cambiano, perché quelli usati contro il Pd in questi anni hanno avvelenato il dibattito e la vita pubblica. Che questo poi porti a fatti concreti è un altro discorso. Un conto è migliorare le modalità di dialogo, un altro è basarsi sui contenuti e non sui tatticismi”.
“Non ci sarà alcun accordo – profetizza Roberto Maroni (Lega) dalle colonne di Repubblica –. Si tornerà alle urne con regole fatte per M5S e Lega”. Salvini e Di Maio “faranno saltare il banco e a ottobre si tornerà alle urne” ha spiegato Maroni. “Se io fossi Salvini o Di Maio non avrei dubbi. C’è una data già certa ed è il 26 maggio 2019. Quel giorno si andrà a votare per le Europee, non si scappa. E se entro quel giorno non avranno fatto il reddito di cittadinanza e l’abolizione della legge Fornero i due leader perderanno la faccia. E un vagone di consensi. A loro conviene votare prima”. Non si rischierebbe la replica dei risultati del 4 marzo? “No, se si fa una legge elettorale con un premio di maggioranza alla lista – risponde l’ex governatore della Lombardia –. In quel caso Salvini e Berlusconi sarebbero costretti a fare una lista unica, Forza Lega o Lega Italia non importa. A quel punto Salvini avrebbe in mano l’intero Centrodestra e, con il Pd ridotto ai minimi termini, la partita elettorale sarebbe tra Salvini e Di Maio. Chi vince governa per cinque anni, chi perde fa il capo dell’opposizione. E finalmente si entra a vele spiegate nella Terza Repubblica”.
“I gruppi parlamentari secondo me devono dialogare fino in fondo per cercare di risolvere i problemi che affliggono il Paese: lotta alla povertà ma anche lotta alla corruzione o annullare gli incidenti sul lavoro con misure e controlli molto più’ adeguati. Io auspico che i gruppi parlamentari dialoghino per fare un Governo che risolva questi problemi”, ha detto stamattina al Gr1 il presidente della Camera, Roberto Fico (M5s).