di Stefano Sansonetti
L’Agenzia delle entrate predispone la sua linea difensiva. E prova ad andare in pressing, seppure indirettamente, per influenzare alcuni contenuti della legge di Stabilità. Il contesto ormai è chiaro. Palazzo Chigi vorrebbe sostituire la direttrice, Rossella Orlandi, accusata non soltanto di aver criticato alcune misure del Governo (in primis l’aumento del tetto all’utilizzo del contante), ma anche di essere a capo di una struttura troppo presidiata da funzionari vicini all’area della minoranza Pd. Si tratta dei cosiddetti Visco boys, dirigenti che si sono forgiati nelle fasi in cui Vincenzo Visco è stato ministro e viceministro delle finanze.
GLI SCHIERAMENTI
Così, messa sotto assedio, l’Agenzia confida nel passaggio di alcuni emendamenti che possano disinnescare la cosiddetta “mina dirigenti”. Si tratta di quei 700 e più funzionari che nel corso degli anni sono stati promossi senza concorso e recentemente “declassati” da una sentenza della Corte costituzionale che ne ha sancito l’illegittimità degli avanzamenti di carriera. Il tutto facendo precipitare l’Agenzia in un pericoloso limbo organizzativo, che tra l’altro minaccia l’attività di recupero anti-evasione e di conseguenza i conti dello Stato. A muoversi, con la predisposizione di emendamenti ad hoc, naturalmente non è l’Agenzia delle entrate in prima persona. I segnali, invece, stanno arrivando da Lef, Associazione per la legalità e l’equità fiscale, in pratica un pensatoio molto attivo nello sfornare critiche e proposte fiscali. Ma soprattutto parliamo di un’associazione animata da una pattuglia proprio di Visco boys. Il presidente, Orlando De Mutiis, è stato direttore regionale delle Entrate del Lazio. Il tesoriere, Carlo Di Iorio, è stato direttore regionale delle Entrate in Sardegna, Lazio, Toscana e Marche. Fino a qualche tempo fa, poi, nel consiglio direttivo di Lef c’era anche Massimo Romano, uomo di massima fiducia di Visco, già direttore dell’Agenzia nei primi anni Duemila e successivamente tra il 2006 e il 2008. Ebbene, Lef ha predisposto un’ipotesi di emendamento per “regolarizzare”, almeno in parte, i dirigenti declassati. In quali, a leggere il testo, di fatto verrebbero salvati senza un vero e proprio concorso. La proposta di emendamento, infatti, affida a un decreto del ministero dell’economia il compito di fissare “le modalità di svolgimento di un corso intensivo di formazione e della relativa prova orale finale”. Da qui parte l’elencazione di tutti i requisiti richiesti per accedere al suddetto “corso intensivo”. Ma i destinatari sono chiari, soprattutto nel punto in cui l’emendamento richiede la svolgimento pregresso di “un’esperienza professionale da funzionario di almeno 10 anni nella Pubblica amministrazione con qualifica funzionale appartenente all’area contrattuale apicale del relativo contratto collettivo nazionale di lavoro e attualmente in servizio presso le Agenzie fiscali”.
GLI SVILUPPI
Insomma, si prevede sì un corso intensivo e una prova orale con tanto di commissione giudicatrice. Ma non si tratta di un autentico concorso pubblico, soluzione invece “indotta” dalla Corte costituzionale per poter intervenire sulla situazione. Inutile far notare che l’associazione Lef gode di ottimi contatti con la minoranza Pd, oltre a vantare un antico e forte legame con la stessa Orlandi. Di sicuro all’attuale direttrice farebbe molto comodo il buon esito della proposta formulata dal pensatoio dei suoi ex colleghi. Per questa via riuscirebbe a compattare la struttura respingendo le pressioni arrivate dal Governo. In particolare dal sottosegretario all’economia, Enrico Zanetti, che proprio della lentezza nell’organizzazione dei concorsi ha fatto uno dei principali capi di accusa nei confronti della Orlandi.
Twitter: @SSansonetti