Se ne dovrà fare una ragione Giorgia Meloni ma i nodi della leadership del Centrodestra e della spartizione dei collegi non verranno sciolti tanto presto. Certo sono stati fatti passi avanti – anche evidenti – ma formalmente la partita è ancora aperta perché il vertice si è limitato a delineare le regole generali del gioco.
Dal vertice del Centrodestra arriva solo un accordicchio
Il candidato premier, infatti, sarà indicato dal partito che prenderà più voti e questa è la soluzione caldeggiata da Fratelli d’Italia nonché quella già sancita dagli accordi del 2018. Nel corso del summit è stato deciso anche che ogni partito concorrerà alle politiche con il proprio simbolo e indicando anche il capo politico, una soluzione che permetterebbe ai tre leader di ‘pesare’ la forza del proprio partito.
Discorso diverso per le circoscrizioni estere dove il Centrodestra si presenterà con una lista unica. Insomma il quasi-ultimatum della leader di Fratelli d’Italia alla fine ha ammorbidito Matteo Salvini e Silvio Berlusconi che negli ultimi giorni erano stati abbastanza categorici nel sostenere che la questione del capo coalizione “non li appassionava” e che sarebbe stato opportuno discuterne in futuro.
Ma con le elezioni alle porte e il nervosismo di Giorgia, tanto Matteo quanto Silvio hanno capito che è il momento di scendere a patti definendo almeno le regole del gioco. Un match in cui il Cavaliere ha provato di tutto pur di non darla vinta alla Meloni, arrivando a proporre di far scegliere il premier dagli eletti, ma che alla fine lo ha visto costretto ad arrendersi, regalando agli alleati una battuta: “Non c’è problema, tanto noi di Forza Italia prenderemo il 20%”.
Che non si sarebbe arrivati ad una decisione definitiva lo aveva già fatto capire Antonio Tajani
Che non si sarebbe arrivati ad una decisione definitiva sul capo della coalizione lo aveva fatto capire già in mattinata Antonio Tajani. Il coordinatore di Forza Italia, intervenuto su Radio Capital, aveva spiegato che dal vertice “non emergerà il nome del candidato presidente del Consiglio ma le linee del programma del Centrodestra. Poi poco importa chi alzerà la coppa dopo aver vinto la partita”.
A confermare l’esistenza di una distanza siderale tra i sogni di Giorgia – che forte del vantaggio nei sondaggi pretende la leadership della coalizione e anche il 50-55% dei seggi – e le posizioni di Matteo e Silvio che in questa guerra interna si sono messi in trincea, va considerato anche lo slittamento stesso del vertice alla Camera.
Inizialmente previsto per le 17, l’atteso vertice del Centrodestra è stato rimandato per oltre un’ora e ciò a riprova di come la posta in gioco fosse alta. Il primo ad arrivare è stato il leader leghista con il fedelissimo Roberto Calderoli, poi è stata la volta del Cavaliere – sorridente dopo la lunga assenza da Montecitorio – accompagnato da Tajani e Licia Ronzulli.
Un incontro in cui non sono mancati momenti di tensione, soprattutto in relazione all’intricata partita dei collegi uninominali
Ad attenderli la leader di Fratelli d’Italia, in compagnia del fedelissimo Ignazio La Russa. Un vertice a cui hanno preso parte anche i tre leader centristi Antonio De Poli e Antonio Saccone dell’Udc, Luigi Brugnaro di Coraggio Italia e Maurizio Lupi di Noi con l’Italia. Un incontro in cui non sono mancati momenti di tensione. Questa sarebbe esplosa soprattutto in relazione all’intricata partita dei collegi uninominali.
Qui la Meloni, forte di essere il primo partito della coalizione, ha chiesto che a Fratelli d’Italia vengano riconosciuti la metà dei collegi. Una soluzione che non piace né a Berlusconi né a Salvini che avrebbero risposto con una controproposta che è stata respinta al mittente. Così sono riprese le trattative fino all’accordo che ha assegnato 98 collegi a FdI, 70 alla Lega, 42 a Forza Italia e l’Udc, 11 a Noi con l’Italia più Coraggio Italia.
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