Stefano Bonaccini chiede di accelerare la data del congresso del Pd. Per chi osserva i segnali politici il messaggio è chiaro: gli equilibri si stanno definendo e la gara può cominciare. Il presidente della Regione Emilia Romagna non scioglie la riserva (“se mi candiderò lo dirò a tempo debito”, dice) ma propone una base programmatica.
La vittoria di Stefano Bonaccini al prossimo congresso del Pd è già scritta. Ma dovrà scendere a patti con le correnti
“Lavoro, clima, scuola, sanità e diritti civili, i pilastri di una nuova stagione: pochi punti spiegati bene e con un partito che non sia populista, ma diventi un po’ popolare”, dice Bonaccini che aspetta la direzione del partito convocata per venerdì quando Enrico Letta detterà i tempi delle quattro fasi. La prima, fondamentale per capire il ruolo di Elly Schlein, sarà la cosiddetta “chiamata” per allargare la partecipazione al di fuori del partito. Solo lì si saprà se l’ex vice proprio di Bonaccini (ora in Parlamento) deciderà di correre per la segreteria.
Franceschini gioca su più tavoli e lascia intendere di poter sostenere la candidatura di Nardella
Le altre fasi, discussione dei punti politici e candidature, si concluderanno con i gazebo che sceglieranno i due candidati che andranno al ballottaggio. Il rischio vero, però, è che nel Pd si “cambi tutto per non cambiare niente”, come ci dice una deputata. Bonaccini sta tessendo i suoi fili con la corrente Base Riformisti (guidata dall’ex ministro Lorenzo Guerini) e sta dialogando con Area Dem a cui fa capo Dario Franceschini. Che però gioca su più tavoli (al solito) e nel frattempo lascia intendere di poter sostenere la candidatura del sindaco di Firenze Dario Nardella anche lui ufficialmente non candidato ma già immerso nel gioco di relazioni all’interno del partito.
De Micheli sta organizzando i suoi comitati regionali
Poi c’è l’unica candidata ufficiale al momento, Paola De Micheli, che sta organizzando i suoi comitati regionali mentre al Nazareno ipotizzano anche la partecipazione del sindaco di Pesaro Matteo Ricci (in tour in Italia con il suo progetto “Pane e politica”), il capodelegazione al Parlamento Europeo Brando Benifei (che vorrebbe puntare sul “ricambio generazionale”).
“Ma il punto vero – ci dice un dirigente del partito – è che a oggi sembra chiaro il piano di Letta: blindare il partito rassicurando tutte le correnti interne per fare in modo che il prossimo segretario non sia una “rivoluzione” ma semplicemente un amministratore di equilibri consolidati e garantiti”.
Qualcuno teme che la “rinascita” declamata sia solo una spolverata di facciata che lasci il partito nelle stesse condizioni di ora, puntando su un rinnovamento estetico. “Benifei, De Micheli, Ricci e Nardella usano il congresso per potersi sedere e trattare: alcuni vogliono un buon posto per le prossime elezioni europee, altri si accontentano di avere qualche peso nella segreteria che verrà.
Non è un congresso, ad oggi sembra che il Partito democratico stia facendo le parlamentarie per Bruxelles. Bonaccini è un romagnolo, alla fine si metterà d’accordo con tutti, sempre nello spirito della Ditta…”, ci dicono.
Provenzano ha già annunciato un passo indietro. Orlando indeciso sul da farsi
Ai nomi in campo manca anche la parte più a sinistra del Pd con Peppe Provenzano che ha già annunciato un passo indietro e l’ex ministro del Lavoro Andrea Orlando che sembra indeciso sul da farsi. Anche sulla capacità della Schlein di “ribaltare” il partito ci sono dei dubbi: “Per avere persone che conoscono ‘la macchina di partito’ Schlein dovrebbe puntare sui ‘neutrini impazziti’ che non fanno riferimento a nessuna corrente. Ma per riuscirci dovrebbe fare aperture su temi che non sono i suoi”, riflettono dal Nazareno.
“Rischiamo di finire con un ‘tutto cambia perché nulla cambi’…”, dice sconsolata una dirigente. Si attendono le mosse dei “giovani turchi” di Matteo Orfini, mentre gli esclusi dalle ultime elezioni valutano se organizzare una candidatura “di vendetta”. Questa, per adesso, è l’aria che tira.