Sul tavolo della Conferenza Stato-Regioni la revisione dei parametri per definire il colore delle regioni, il cui sistema a fasce di rischio non è stato toccato ma potrebbe essere ridotto a tre soli range. Lunedì verranno invece ridefiniti gli indici di calcolo, in particolar modo sul superamento dell’indice Rt come parametro determinante nell’attribuire il colore alle regioni. L’indice Rt che misura la velocità di diffusione del contagio, attraverso algoritmi e calcoli su dati rilevati in un determinato periodo di tempo, non viene più considerato efficace dai governatori regionali che chiedono di considerare, alla luce dell’attenuazione della curva pandemica e dall’aumento della percentuale della popolazione vaccinata, come dirimente l’indice Rt ospedaliero: in sostanza, le Regioni concordano sul monitorare, non solo o non tanto il numero di nuovi casi di positività, quanto le richieste di ospedalizzazione dei contagiati.
Dunque, è la pressione sugli ospedali che dovrebbe fare la differenza e su questo punto Governo e Conferenza cercano un punto d’accordo che sarà poi sottoposto alla cabina di regia di lunedì – e non venerdì – con gli esperti del Comitato tecnico scientifico (Cts) in cui si parlerà anche di coprifuoco e riaperture. Non sono dunque previsti cambi di colore per la settimana prossima. Il sottosegretario alla Salute Andrea Costa ha infatti lanciato un messaggio di apertura: “La diminuzione dei casi e l’aumento delle vaccinazioni rende possibile cambiare i parametri per la determinazione dei colori, tenendo in maggior conto la situazione degli ospedali”.
Altrimenti si rischiano paradossi come quello dell’Emilia Romagna dove, spiega il presidente Stefano Bonaccini, “abbiamo un indice Rt che si sta avvicinando ad 1 però registriamo il crollo dei ricoveri nei reparti covid e nelle terapie intensive”. Anche Luca Zaia definisce “logico” rivedere i parametri puntando, invece, su “rt con sintomi e rt ospedaliero”. Dunque le Regioni sono in pressing per rimodulare l’analisi dei dati della pandemia. L’ipotesi su cui sarà trovata una sintesi ruota dunque attorno a un nuovo modello di valutazione del rischio contagio sull’incidenza dei casi Covid, che mantiene l’impostazione a quattro colori, ovvero bianco, giallo, arancione e rosso, con altrettanti livelli di rischio legati a incidenza, e mantenimento dei tassi di occupazione dei posti letto.
Sarebbe questa la proposta del Governo alle Regioni. Quanto all’incidenza la zona rossa scatterebbe con oltre 250 nuovi casi Covid su 100mila abitanti, arancione tra i 150 e i 250 casi, gialla tra i 50 e 150 casi, bianca fino a 50 a casi. Ma il passaggio in zona rossa avverrebbe anche se il livello di occupazione di area medica ospedaliera e area intensiva arrivassero rispettivamente al 40 per cento e al 30 per cento. Sul tavolo anche la possibilità dell’assegnazione dei colori su base provinciale e non regionale, ferma restando la possibilità dei governatori di istituire delle micro aree rosse.
I governatori avevano proposto di superare il meccanismo dei quattro colori e di sostituirli con tre livelli di rischio: basso, medio e alto. Sul tema il sottosegretario alla Salute Costa si è detto possibilista anche se la proposta cardine del Governo è l’eliminazione dell’indice di Rt calcolato sui sintomatici, oltre all’eliminazione di altri parametri ancora previsti. Tramontata per il momento la proposta di introdurre tra i parametri il livello di diffusione delle varianti del Covid o quello sul numero di somministrazioni del vaccino effettuate. Non si è parlato invece del coprifuoco. Ma il decreto delle riaperture potrebbe essere cambiato a breve perché i dati del contagio che avevano determinato la road map delle riaperture sono cambiati in meglio.
Sul coprifuoco non è escluso che l’inizio possa essere spostato non solo alle 23 ma addirittura alle 24 mentre potrebbe essere anticipata la riapertura di alcune attività tuttora off-limits come palestre, piscine e parchi divertimento. Il ministro alla Salute Roberto Speranza è convinto che “il modello adottato in questi mesi ha funzionato e ci ha consentito di affrontare la seconda e terza ondata senza un lockdown generalizzato, ma con specifiche misure territoriali”.
“Ora, nella nuova fase – ha detto l’esponente dell’Esecutivo -, caratterizzata dal forte avanzamento della campagna di vaccinazione e dai miglioramenti dovuto alle misure adottate, lavoriamo con l’Istituto Superiore di Sanità e con le regioni per adeguare il modello immaginando una maggiore centralità di indicatori quali l’incidenza e il sovraccarico dei servizi ospedalieri. Siamo impegnati a salvaguardare l’uso di sistemi di allerta precoci che possano consentire interventi adeguati e tempestivi sempre differenziando tra diversi territori”.