di Stefano Iannaccone
Una pietra tombale sulle pendenze della Chiesa verso lo Stato italiano. Posta da un accordo siglato tra Palazzo Chigi e il Vaticano. E che bypassa anche le sentenze passate in giudicato. Il danno è quindi enorme, ma – al momento – non è quantificabile per le casse pubbliche. Per fare chiarezza Andrea Maestri, deputato iscritto al gruppo Alternativa Libera-Possibile, ha chiesto chiarimenti: “Il governo deve informare il Parlamento”, ha affermato. Ma il collega del Pd, Franco Monaco, relatore della legge, ha difeso l’operazione: “Si tratta di un accordo siglato da Stato e Santa Sede e ricalca quanto fatto con altri Paesi come Svizzera e Liechtenstein”. L’inghippo nasce con la “Ratifica ed esecuzione della Convenzione tra il governo della Repubblica italiana e la Santa Sede in materia fiscale”, stipulata a Roma l’1 aprile 2015 e presentata il 29 settembre. L’accordo “segna una vittoria a tavolino per il Vaticano”, accusa Maestri. Il testo prevede che numerosi immobili sono “esenti da tributi sia ordinari che straordinari, presenti e futuri, tanto verso lo Stato quanto verso qualsiasi altro ente, senza necessita di ulteriori e specifiche disposizioni di esenzione”. E la disposizione “si applica anche ai rapporti pendenti e non definiti con sentenza passata in giudicato”, si legge nel documento. Insomma, una sanatoria completa e perpetua.
ELENCO IMMOBIILI – Sotto la lente di ingrandimento ci sono strutture di pregio appartenenti alla Chiesa, che saranno – appunto – esentati dal pagamento dei tributi allo Stato italiano. L’elenco include i palazzi di Propaganda Fide in Piazza di Spagna, l’Università Gregoriana, l’Istituto Biblico, Orientale, Archeologico, il Seminario Russo, il Collegio Lombardo, i due palazzi di Sant’Apollinare e la Casa degli esercizi per il Clero di San Giovanni e Paolo. Andrea Maestri, perciò, non ci sta. «Non serve un giurista, né un esperto di diritto tributario o ecclesiastico per capire la sostanza politica della situazione», incalza il deputato civatiano.
TRASPARENTE SANATORIA – Franco Monaco, interpellato da La Notizia Giornale, ha fornito la sua versione, minimizzando l’operazione. «Si è chiuso così il contenzioso pregresso, seguendo i rigidi parametri indicati dall’Ocse. Personalmente lo ritengo un passo in avanti verso la trasparenza da parte della Santa Sede». Quindi nessun problema per le casse dello Stato? Secondo il relatore della Ratifica, la questione non si pone. “Sono accordi aventi un oggetto molto limitato. Si tratta di profili fiscali, relativi alle attività finanziaria. Tutto è stato possibile grazie al cammino di riforme avviate da Papa Benedetto XVI e proseguite con Papa Francesco. Per quanto riguarda gli immobili elencati, si tratta di un’applicazione molto tardiva dei Patti lateranensi del ’29”. Ma la spiegazione non convince Andrea Maestri. E il deputato dell’opposizione rilancia: “Chiamatela sanatoria, transazione o pietra tombale. Chiamatela come volete, ma il Parlamento italiano, in una Repubblica che per Costituzione è indipendente e sovrana rispetto alla Chiesa, ha diritto di sapere quante risorse vengono così sottratte al bilancio statale”.
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