Vannacci indigesto: la vicepresidenza dei Patrioti al generale imbarazza Marine Le pen

Il generale Vannacci, neo eurodeputato della Lega, Vannacci indigesto: la vicepresidenza dei Patrioti al generale suscita polemiche e divisioni perfino tra i sovranisti francesi di Marine Le Pen

Vannacci indigesto: la vicepresidenza dei Patrioti al generale imbarazza Marine Le pen

L’indigeribilità politica è un’arte sottile ma il generale Roberto Vannacci, fresco di elezione come europarlamentare della Lega, sembra averla elevata a livelli inaspettati, riuscendo a risultare sgradevole perfino a Marine Le Pen. La notizia arriva come un fulmine a ciel sereno: Jean-Philippe Tanguy, figura di spicco del Rassemblement National e vicecoordinatore della campagna presidenziale di Le Pen nel 2022, ha dichiarato senza mezzi termini che i lepenisti “si oppongono” all’elezione di Vannacci a vicepresidente del nuovo gruppo europeo dei Patrioti. Le dichiarazioni di Tanguy non sono da prendere alla leggera.

Tanguy è un pezzo grosso che avrebbe dovuto ricoprire un ruolo ministeriale in caso di vittoria del RN alle recenti legislative francesi. Eppure, nonostante l’evidente sforzo della Lega per piazzare Vannacci in una posizione di rilievo, i compagni di viaggio sovranisti non sembrano gradire l’iniziativa. Tanguy ha definito l’elezione del generale come frutto di un “annuncio unilaterale” da parte della Lega, suggerendo apertamente la necessità di rivedere la nomina.

L’elezione di Vannacci era stata annunciata con grande enfasi dalla Lega

La vicenda ha assunto contorni da giallo politico. L’elezione di Vannacci era stata annunciata con grande enfasi dalla Lega, con Matteo Salvini in prima linea a congratularsi e a esultare per l’avanzamento del generale. Tuttavia la reazione fredda e distaccata di Jordan Bardella, braccio destro di Le Pen e presidente del gruppo dei Patrioti, non è passata inosservata. Solo poche settimane fa Bardella aveva pubblicamente condannato le dichiarazioni omofobe di Vannacci, prendendo le distanze da posizioni che riteneva inaccettabili. La Francia non ha tardato a reagire. L’opinione pubblica e i media transalpini hanno subito rispolverato le uscite più controverse del generale: dalle dichiarazioni sugli omosessuali alle affermazioni razziste su Paola Egonu, fino ai nostalgici riferimenti alla “Decima”.

Il titolo di Libération, “Omofobo, razzista, pro-Mussolini: ecco il super vicepresidente di Bardella al Parlamento europeo”, non lascia spazio a fraintendimenti. Un ritratto che ha messo in imbarazzo persino una destra sovranista che sta cercando di ripulire la propria immagine in vista delle prossime sfide elettorali. Le Pen, intanto, grida al complotto. Non è certo una novità per la leader del Rassemblement National, che, come molti altri sovranisti, tende a vedere cospirazioni ovunque non riesca a vincere. Ironia della sorte, è la stessa Le Pen che metteva in dubbio la regolarità delle elezioni americane perse da Trump, ora a denunciare manovre oscure contro il suo partito. Le accuse di finanziamento illecito che pendono su di lei aggiungono ulteriore sale alla vicenda. Dopo la recente sconfitta elettorale e il siluramento del suo stratega Gilles Pennelle, Le Pen deve affrontare l’ennesima bufera giudiziaria.

Il generale è l’emblema del sovranista contemporaneo

Vannacci in fondo è l’emblema del sovranista contemporaneo: polemico, divisivo e coplicato ad integrarsi anche tra i suoi presunti alleati. La sua nomina, accolta con freddezza e critiche anche dai compagni d’oltremanica, evidenzia una frattura all’interno di un fronte che dovrebbe essere unito contro l’Europa delle istituzioni. Un paradosso che rivela tutte le contraddizioni di un movimento che fatica a trovare una rotta comune incagliato in beghe interne e scandali. La storia di Vannacci e la sua indigeribilità perfino per Marine Le Pen rappresentano una cartina di tornasole dello stato attuale del sovranismo europeo. Un panorama in cui l’ideologia sembra sempre più frammentata e incapace di offrire una visione coerente, finendo per auto-sabotarsi attraverso scelte discutibili e alleanze fragili. È il simbolo di come il sovranismo contemporaneo continui a navigare a vista, tra scandali e divisioni, senza riuscire a trovare una solida base di consenso.