Il presidente del Senato, Ignazio La Russa, ha detto che con il premierato verranno ridimensionati i poteri del Capo dello Stato così da farli corrispondere a quanto scritto nella Costituzione.
Giovanni Valentini (ex direttore dell’Europeo e dell’Espresso e già vicedirettore di Repubblica, autore della rubrica ‘Il Sabato del Villaggio’ sul Fatto Quotidiano), ma ora cosa c’è che non va con i poteri di Mattarella?
“È da almeno vent’anni, dal primo mandato di Giorgio Napolitano al Quirinale nel 2006, che la Costituzione materiale ha ampliato il ruolo del Capo dello Stato, in seguito alla crisi dei partiti e al vuoto che questa ha provocato. Ma sia Napolitano sia Sergio Mattarella sono stati eletti entrambi due volte dal Parlamento, ratificando quindi ex post il loro operato. Il fatto è che ora, con la riforma costituzionale del cosiddetto premierato, la destra di governo vuole ridurre i poteri del presidente della Repubblica a vantaggio dell’esecutivo, alterando i rapporti e gli equilibri istituzionali. La Russa ha avuto almeno il merito di ammettere pubblicamente questa intenzione, superando le ipocrisie di Giorgia Meloni e dichiarando che bisogna ridimensionare i poteri del Quirinale: è evidentemente un attacco, un assalto al Colle”.
Secondo lei è normale che la seconda carica dello Stato affermi che la prima carica ha troppi poteri?
“No, decisamente no. E sta proprio qui il problema. Il presidente del Senato non è un semplice parlamentare o leader politico. La sua sortita rischia di delegittimare, volontariamente o meno, la figura del presidente della Repubblica. È un avvertimento, o forse un’intimidazione, un invito a non intralciare il percorso del premierato. È come se l’amministratore delegato di un’azienda dicesse che bisogna ridimensionare i poteri del presidente o, per fare un altro esempio relativo alla nostra professione, il vicedirettore di un giornale dicesse altrettanto nei confronti del direttore”.
Dopo le polemiche, La Russa ha provato a fare retromarcia ribadendo il suo totale rispetto a Mattarella per poi accusare quanti lo attaccano di “analfabetismo costituzionale”. Come ne esce il presidente del Senato?
“A mio parere, ne esce male. È la solita tattica della destra: lanciare il sasso e nascondere la mano. Se così non fosse, e se La Russa non si fosse reso ben conto di quello che faceva, sarebbe ancora più grave: sarebbe lui un ‘analfabeta’ sul piano della correttezza o del galateo istituzionale”.
La ministra Casellati, davanti alle critiche dei costituzionalisti, ha sempre detto che con il premierato non sarebbero stati minimamente toccati i poteri del presidente della Repubblica mentre La Russa, felicitandosene, sostiene il contrario. Chi ha ragione?
“In questo caso, ha ragione senz’altro La Russa. Lui dice la verità; la ministra Casellati, invece, mente sapendo di mentire. E anche lei, in passato, è stata presidente del Senato…”.
Il premierato si porta dietro anche un cospicuo premio di maggioranza in nome della stabilità. Le sembra una buona idea?
“Il premierato meloniano, per come è stato presentato finora, tende a rafforzare i poteri del governo a scapito di quelli del presidente della Repubblica. Ma, al di là di questo primo effetto destabilizzante, contempla un mostruoso premio di maggioranza, addirittura del 55%, consentendo in teoria a una minoranza del 20 o 25% di impadronirsi del Parlamento. E, con il meccanismo per cui se il presidente eletto direttamente dal popolo perde la fiducia può essere sostituito da un altro esponente della sua stessa coalizione, può favorire gli agguati o i complotti. Siamo agli antipodi della stabilità e della governabilità. Basterebbe introdurre invece la sfiducia costruttiva, come in Germania, che impedisce di far cadere un governo se non è già pronto un altro”.
Alla luce di tutto ciò, personalmente, lei si sente preoccupato?
“Sono preoccupato soprattutto perché la destra tende, nello stesso tempo, a ridurre o azzerare il sistema che gli anglosassoni chiamano dei check and balances; cioè dei pesi e contrappesi, su cui si regge una democrazia: a cominciare dalla libertà d’informazione che mi sembra sempre più compromessa dalle norme ‘bavaglio’ e dalle minacce ai giornalisti o a certi conduttori televisivi del servizio pubblico”.