Mettere al centro dei sistemi educativi l’uguaglianza di genere, combattendo la trasmissione inconsapevole degli stereotipi, è l’obiettivo su cui il nostro Paese dovrà puntare al prossimo Women20, il gruppo di interesse della società civile, a livello internazionale, che ha come scopo quello di elaborare proposte di policy su gender parity ed empowerment femminile, in programma ad autunno in Brasile. In un Paese dove patriarcato e violenze sulle donne sono purtroppo pane quotidiano per la cronaca, facciamo il punto con la senatrice Pd, Valeria Valente, tra le parlamentari più attente a questi temi.
Senatrice, lei fa parte della Commissione bicamerale d’inchiesta sui femminicidi nonché su ogni forma di violenza di genere. Quali le proposte elaborate e i risultati sinora raggiunti?
“A breve partiranno diversi gruppi di lavoro, io mi occuperò di coordinare quello sul monitoraggio dell’attuazione della legge Cartabia, che contiene misure importanti per combattere stereotipi e pregiudizi nel settore del processo civile, che portano a drammatiche forme di vittimizzazione secondaria nei casi di separazione non consensuale con minori”.
Ieri la delegazione italiana del Women20 ha promosso una conferenza stampa alla Camera. Quale sarà il contributo del nostro Paese al W20 in Brasile?
“Di certo dal W20 del 2021 con la presidenza Sabbadini perseguiamo l’obiettivo di mettere al centro dei sistemi educativi l’uguaglianza di genere, combattendo la trasmissione inconsapevole degli stereotipi, questione centrale anche per l’attuazione della Convenzione di Istanbul contro la violenza di genere”.
In Italia cala il numero degli omicidi, ma non quello dei femminicidi. Come spiega questo fenomeno?
“Perché siamo di fronte a un fenomeno di natura culturale e strutturale, generato dall’asimmetria di potere e da un modello di relazione che non accetta la libertà e l’autonomia conquistate dalle donne. Abbiamo cominciato a inquadrare correttamente il problema solo da qualche anno, ma la consapevolezza che sono gli uomini a dover cambiare è recentissima, sono loro che devono imparare un altro modo di stare al mondo”.
Esiste una cultura del patriarcato o è solo un argomento ideologico?
“Altro che sola ideologia, il patriarcato è morente ma non è ancora morto, altrimenti non ci spiegheremmo una famiglia ancora sulle spalle delle donne e contesti e modelli lavorativi aperti alle donne, certo, ma ancora esclusivamente a misura di uomini. Ancora oggi battute maschiliste e sessiste vengono tollerate”.
È stata scritta una pagina di storia con la Meloni prima donna premier in Italia. Quanto è stato fatto da questo governo per aiutare proprio le donne?
“Giorgia Meloni prima premier donna è un fatto simbolico importante, negarlo sarebbe stupido. Per andare oltre il simbolico però serviva agire quel ruolo in maniera differente, cambiare i modelli di riferimento e renderli a misura di tutte, non di una speciale. Lei invece rivendica di avercela fatta con le regole degli uomini. Nel concreto non sta puntando sull’occupazione femminile, piuttosto aiuta le donne a stare a casa per avere figli: è una visione totalmente differente da quella che io reputo davvero necessaria”.
Le parole hanno un enorme valore, così come l’accordo di genere femminile per la declinazione di cariche che fino a qualche anno fa erano “proibite” alle donne. Insomma, Beatrice Venezi – per lei – è Direttore o Direttrice?
“Per me senza dubbio Direttrice, o anche Direttora. Chiamare una cosa in un modo o nell’altro non è un fatto neutro o irrilevante. Racconta che idea abbiamo di quel ruolo e di quella funzione. E’ come dire che il potere (non a caso sostantivo maschile) può essere esercitato solo al maschile e non è così”.
De Luca ha oggettivamente offeso la Presidente del Consiglio con formule poco istituzionali, per essere eufemistici. Innocuo folklore politico, sessismo, cosa vede in questo uso del linguaggio?
“Trovo le parole di De Luca molto gravi, totalmente inopportune, inadatte a una carica istituzionale. Si è trattato di un fuori onda, avrebbe dovuto scusarsi anche per non svilire il valore di una battaglia giusta come quella contro l’autonomia differenziata di Calderoli e della Lega”.
Il Pnrr per avvicinarci all’obiettivo della parità di genere è un’opportunità, o un’occasione persa?
“Spero non lo sia. Il Pd aveva lavorato con Draghi perché con il Pnrr l’Italia superasse la prima di tutte le disuguaglianze, quella di genere, puntando soprattutto sull’occupazione femminile. Ma la clausola del 30 per cento dei posti per donne e giovani è stata accantonata e il governo adesso vorrebbe addirittura superarla. Una colpevole miopia che l’Italia pagherà cara”.