Israele ha ucciso un generale iraniano in Siria e un comandante di Hezbollah in Libano. Così, però, rischia di allargare il conflitto.
Mauro Poretti
via email
Gentile lettore, tutto fa pensare che Israele stia di proposito cercando l’incidente. Non lo dico io, lo dice il Washington Post che ha consultato diverse fonti del governo americano. Oltre ad uccidere un generale iraniano e un capo di Hezbollah, Wissam al Tawil, Israele ha bombardato 34 volte l’esercito libanese, che con la milizia di Hezbollah non c’entra nulla. La ricerca dell’incidente sembra lampante. Se Israele fosse attaccata da Libano e Iran, l’America sarebbe obbligata a intervenire, trascinata per i capelli in una guerra con Teheran che ha sempre evitato come la peste. Per Biden, nell’anno delle elezioni, sarebbe un disastro. Per Netanyahu, invece, un toccasana. Con la pace la sua carriera finirebbe: si voterebbe e non sarebbe rieletto. La sua popolarità è a zero, sia per l’errore di valutazione che ha permesso ad Hamas l’attacco del 7 ottobre, sia perché è odiato da tutto il Paese da quando ha imposto una legge che lega le mani ai magistrati nella causa per corruzione su lui e sua moglie. Quindi trascinerebbe tutto l’Occidente in una guerra pro domo sua. L’America sembra in difficoltà a domare l’alleato, e ogni giorno potrebbe essere quello del disastro fatale. Si vede dunque a occhio nudo il noto paradosso per cui la Superpotenza, grazie alle lobby ebraiche americane, è controllata da un piccolo Paese. Una mosca che porta al guinzaglio un elefante. Del resto, Netanyahu lo diceva da anni: “L’America fa quel che noi le diciamo di fare”.
Inviate le vostre lettere a: La Notizia – 00195 Roma, via Costantino Morin 34 redazione@lanotiziagiornale.it