Ursula come Trump. Anche l’Europa fa la guerra alle ong

L’Ue prepara tagli alle Ong ispirati al modello Trump: meno voce alla società civile, più potere ai lobbisti con portafoglio

Ursula come Trump. Anche l’Europa fa la guerra alle ong

Chi grida all’eccezione europea dovrebbe dare un’occhiata alle carte del prossimo bilancio settennale. Mentre le destre si galvanizzano immaginando di prosciugare i fondi destinati alla società civile, la Commissione tace o asseconda. Il risultato è una versione made in Brussels della dottrina Trump: meno soldi alle Ong, più potere a chi può permettersi il lusso di farsi ascoltare.

La scusa, come sempre, è la trasparenza. Il Parlamento europeo ha approvato una serie di emendamenti per chiedere maggiore controllo sull’uso dei fondi europei da parte delle Ong. Peccato che, come ha scritto Politico, il tutto avvenga dopo mesi di attacchi sistematici da parte dei gruppi conservatori e dell’estrema destra. A farne le spese sono organizzazioni che spesso dipendono dai finanziamenti Ue per sopravvivere: nel caso di alcune Ong ambientali, fino al 70-80% del bilancio.

L’ispirazione viene da oltre oceano. Lo dice esplicitamente Nicholas Aiossa di Transparency International: “la destra europea si sente rinvigorita da Trump e Musk, e vuole replicare lo stesso schema per tagliare i fondi alle Ong”. Uno schema già sperimentato negli Stati Uniti con lo smantellamento di USAID, il principale canale di finanziamento per le organizzazioni non governative. Ora lo si esporta, con la solita retorica soft, nei corridoi ben pettinati della Commissione.

Cancellare le parole per salvare i bilanci

Il colpo di grazia è arrivato con un rapporto della Corte dei conti europea che ha definito “opaco” il sistema con cui Bruxelles distribuisce i fondi alle Ong. È bastato questo per scatenare una raffica di emendamenti e dichiarazioni pubbliche: secondo i deputati del Ppe, troppe Ong fanno lobbying con soldi pubblici. Eppure, dietro la retorica dei “controlli necessari”, il messaggio è chiaro: chi fa pressione per difendere l’ambiente o i diritti sociali non è più gradito.

Il paradosso è che le Ong sono la seconda categoria più numerosa nel registro della trasparenza dell’Unione europea, appena dietro le aziende. Sono 3.821, contro le 3.864 del settore privato. Ma solo le prime finiscono nel mirino. E solo le prime rischiano di essere zittite.

Faustine Bas-Defossez, direttrice del Bureau ambientale europeo, parla apertamente di una “campagna politica costruita ad arte”. Le fa eco Carlotta Besozzi, direttrice di Civil Society Europe: “ci stanno preparando a un attacco massiccio nella prossima programmazione finanziaria”. Il bersaglio sono le Ong che svolgono attività di advocacy, spesso le uniche a contestare con competenza e dati le scelte politiche più opache. In una parola: fastidiose.

Non bastasse, ci sono segnali concreti. Ventotto Ong sanitarie hanno scritto a Ursula von der Leyen per chiedere chiarimenti dopo che è trapelata l’intenzione della Commissione di non erogare più fondi operativi dal direttorato per la salute. Alcune Ong ambientali, pur di non perdere i finanziamenti, hanno rimosso dai progetti ogni riferimento ad attività di pressione. Cancellare le parole per salvare i bilanci: è così che muore lentamente la voce della società civile.

Una democrazia solo per chi se la può permettere

Intanto si affilano le lame del prossimo quadro finanziario pluriennale. I fondi destinati a ricerca e clima sono già nel mirino per essere spostati verso difesa e crescita industriale. La solita Europa che dice una cosa e ne fa un’altra.

Il Ppe giura che non si vuole tagliare nulla, ma che “servono controlli su 20-25 Ong”. È lo stesso linguaggio con cui si inizia ogni censura: non è un attacco, è una verifica. Non è una punizione, è una riforma. Non è repressione, è trasparenza.

Ma la verità è che se passa questa linea, resteranno solo le voci di chi ha soldi propri per influenzare le decisioni. Tutto il resto — il clima, la salute, la giustizia sociale — sarà silenziato.

E sarà difficile distinguerci da chi abbiamo sempre detto di voler contrastare.