Tutti contro Donald Trump. Primi ministri, scrittori, intellettuali e docenti universitari. Cittadini e guru della Silicon Valley. Si sono alzate da più parti le proteste contro la decisione del presidente Trump di bloccare per quattro mesi l’accesso dei rifugiati in Usa e di sospendere per tre mesi gli ingressi dei cittadini provenienti da sette paesi islamici a rischio terrorismo. Un provvedimento, quest’ultimo, che ha visto la netta opposizione del giudice federale di New York che ha emanato un’ordinanza straordinaria per impedire i rimpatri forzati.
Ma iniziamo dai grandi del mondo. Il giudizio più duro contro Trump arriva dalla Germania. Angela Merkel ha fatto sapere che lo stop agli ingressi in Usa dei rifugiati provenienti da alcuni paesi “non è giustificato”. La cancelliera tedesca, ha spiegato il portavoce Steffen Seibert, “è convinta che anche la necessaria lotta al terrorismo non giustifica” una misura del genere “solo in base all’origine o al credo” delle persone. Il primo però a contestare Trump, era stato il presidente francese Francois Hollande che nella telefonata con Donald Trump ha sottolineato la convinzione della Francia che “la battaglia avviata per la difesa delle nostre democrazie sarà efficace soltanto se inserita nel rispetto dei principi su cui sono fondate, in particolare l’accoglienza dei rifugiati“. A intervenire anche Paolo Gentiloni che ha affidato la sua posizione a un tweet: “L’Italia è ancorata ai propri valori. Società aperta, identità plurale, nessuna discriminazione. Sono i pilastri dell’Europa”.
Ma ciò che stupisce è che anche al premier britannico Theresa May non piace l’iniziativa degli storici alleati. Il suo portavoce ha affermato oggi che il primo ministro “non è d’accordo” con il decreto esecutivo e sfiderà il governo americano qualora il bando dovesse avere un effetto negativo sui cittadini britannici. La presa di posizione avviene poche ore dopo che la stessa May, nel corso della sua visita ieri in Turchia, si era rifiutata di commentare il bando deciso. Si tratta di una decisione, aveva affermato, che riguarda gli Stati Uniti.
Dal Canada arriva invece l’invito del premier ai rifugiati. “A chi fugge dalle persecuzioni dal terrore e dalla guerra, sappiate che i canadesi vi daranno il benvenuto, non importa quale sia la vostra fede. La diversità è la nostra forza #welcome to Canada”, twitta il primo ministro canadese Justin Trudea.
Bloccati rimpatri – Intanto Ann Donnelly, giudice federale di New York, ha emesso un’ordinanza di emergenza che temporaneamente impedisce agli Stati Uniti di espellere i rifugiati che provengono dai sette paesi a maggioranza islamica. L’ordinanza, in pratica, annulla una parte dell’ordine esecutivo del presidente Donald Trump sull’immigrazione, ordinando che i rifugiati e altre persone bloccate negli aeroporti degli Stati Uniti non possono essere rimandate indietro nei loro paesi. La decisione, arrivata dopo un’udienza di urgenza in una corte di New York, potrebbe interessare dalle 100 alle 200 persone che sono state trattenute al loro arrivo negli aeroporti statunitensi.
Proteste – Migliaia di cittadini, intanto, in tutto il Paese sono scesi in strada per protestare. Circa 2.000 persone, tra cui alcune celebrità, si sono riunite davanti al John F. Kennedy Airport di New York, causando anche alcuni disordini. E manifestazioni ci sono state anche nel vicino aeroporto di Newark, in New Jersey, dove si sono radunate circa 120 persone con cartelli contro l’ordine esecutivo di Donald Trump. Anche all’aeroporto di Denver, in Colorado, decine di manifestanti si sono riuniti davanti al locale scalo internazionale, così come a Chicago, davanti all’aeroporto O’Hare si è radunata una piccola folla e diverse persone sono state arrestate. Secondo quanto riferisce la stampa locale, anche diversi passeggeri in arrivo allo scalo si sono uniti ai manifestanti. Simili manifestazioni si sono svolte anche a Dallas, Seattle, Portland, San Diego.