Un Paese che non cresce, ma “galleggia”, caratterizzato da un ceto medio “sfibrato” che non vota più, ma che teme i migranti; nel quale i redditi reali sono calati del 7% in 20 anni e la ricchezza pro-capite è diminuita del 5,5% nell’ultimo decennio, tanto che non è possibile migliorare la propria condizione sociale. E ancora, una nazione dove si deve pagare per la salute e, anche chi frequenta la scuola superiore, non sa padroneggiare la lingua italiana, tanto che uno su due non legge neanche un libro l’anno, ma dove si guardano tanti video sui social. È la fotografia – preoccupante – che emerge dal Rapporto Censis 2024 presentato ieri.
Il rapporto Censis: addio all’ascensore sociale
“Se a prima vista il 2024 potrebbe essere ricordato come l’anno dei record (il record degli occupati e del turismo estero, ma anche il record della denatalità, del debito pubblico e dell’astensionismo elettorale), un’analisi approfondita ci consegna una immagine più aderente alla reale situazione sociale del Paese”, si legge nel rapporto, “Il Paese si muove intorno a una linea di galleggiamento, senza incorrere in capitomboli rovinosi nelle fasi recessive e senza compiere scalate eroiche nei cicli positivi”.
Per il Censis, “la spinta propulsiva verso l’accrescimento del benessere si è smorzata. Negli ultimi vent’anni (2003-2023) il reddito disponibile lordo pro-capite si è ridotto in termini reali del 7,0%. E nell’ultimo decennio (tra il secondo trimestre del 2014 e il secondo trimestre del 2024) anche la ricchezza netta pro-capite è diminuita del 5,5%”. Tanto che l’85,5% degli italiani ormai è convinto che sia molto difficile salire nella scala sociale.
Le note dolenti, del resto, arrivano dai dati economici, con “la produzione delle attività manifatturiere italiane entrata in una spirale negativa: -1,2% tra il 2019 e il 2023. Il raffronto dei primi otto mesi del 2024 con lo stesso periodo del 2023 rivela una caduta del 3,4%”, rivela il rapporto. Non va meglio nel terziario, dove, in termini di produttività, nel periodo 2003-2023 si registra “una riduzione del valore aggiunto per occupato dell’1,2%, mentre l’industria mostra un aumento del 10,0%”.
Tanti lavorano ma siamo sempre più poveri
“Molti conti non tornano nel sistema-Italia e molte equazioni rimangono irrisolte – si legge nella nota del Censis sul rapporto 2024 -. Nonostante i segnali non incoraggianti circa l’andamento del Pil, il numero degli occupati si è attestato a 23.878.000 nella media dei primi sei mesi dell’anno, con un incremento di un milione e mezzo di posti di lavoro rispetto all’anno nero della pandemia e un aumento del 4,6% rispetto al 2007. Ma la distanza tra il tasso di occupazione italiano (siamo ultimi in Europa) e la media europea resta ancora significativa: 8,9 punti percentuale in meno nel 2023”.
Crisi politica e sfiducia nell’Ue nel rapporto Censis
Dal punto di vista politico, mai come oggi gli italiani guardano allo scacchiere internazionale, tanto che per il 49,6% il futuro sarà condizionato dal cambiamento climatico e dagli eventi atmosferici catastrofici, ma anche per il 46% dagli esiti della guerra in Medio Oriente e dal rischio di crisi economiche e finanziarie globali (45,7%).
Inoltre, le difficoltà economiche portano il ceto medio a mettere in discussione i grandi valori unificanti del passato modello di sviluppo, come la democrazia e la partecipazione. Tanto che il Censis segnala sfiducia crescente nei sistemi democratici, “dal momento che l’84,4% degli italiani è convinto che ormai i politici pensano solo a sé stessi e il 68,5% ritiene che le democrazie liberali occidentali non funzionino più”.
La stessa Ue sarebbe vista come un guscio vuoto “inutile o dannoso” e sarebbe in corso una crisi crescente dei valori unificanti del passato, ciò anche alla luce del fatto che “il 70,8% degli italiani esprime oggi un più o meno viscerale antioccidentalismo ed è pronto a imputare le colpe dei mali del mondo ai Paesi dell’Occidente”. In tutto questo pesa anche la convinzione che l’Occidente sia destinato a soccombere, economicamente e politicamente, dinanzi all’ascesa di Paesi come la Cina e l’India.
La paura del migrante e il “ceppo italico”
Se da una parte, quindi si registra una sempre maggior sfiducia nella politica, dall’altra si assiste a un aumento di interesse per “le questioni identitarie”, che “tendono a sostituire le istanze delle classi sociali tradizionali e assumono una centralità inedita nella dialettica socio-politica”. Tant’è che “il 57,4% degli italiani si sente minacciato da chi vuole radicare nel nostro Paese regole e abitudini contrastanti con lo stile di vita italiano consolidato, come ad esempio la separazione di uomini e donne negli spazi pubblici o il velo integrale islamico”. Ma non basta, c’è anche un 38,3% di nostri connazionali che si sente minacciato da chi vuole facilitare l’ingresso nel Paese dei migranti.
“Mentre il dibattito politico si arrovella sui criteri normativi da adottare per regolare l’acquisizione della cittadinanza italiana”, si legge nel rapporto, “in una parte della popolazione ha messo radici la convinzione che esista una identità distintiva: secondo il 37,6% degli italiani (e il dato sale al 53,5% tra le persone in possesso di un basso titolo di studio) ‘l’italiano vero’ discende da un ‘ceppo morfologicamente definito, fonte originaria della identità nazionale’. Il 13,7% (il 17,4% tra le persone meno scolarizzate) pensa che per essere italiani “occorra poter esibire determinati tratti somatici”.
Paradossalmente, evidenzia il Censis, “la realtà della società italiana odierna è segnata da dinamiche molto diverse: basti pensare che negli ultimi dieci anni sono stati integrati quasi 1,5 milioni di nuovi cittadini italiani, che prima erano stranieri”.
La fotografia del Censis: disuguaglianze e povertà
Circa i consumi, nel 2023 quelli delle famiglie hanno registrato una leggera crescita in termini reali, pari a +1% rispetto al 2022, e contribuiscono per il 57,3% alla formazione del Pil. Per il Censis, il 45,7% delle famiglie dichiara consumi in aumento nel corso del 2024 rispetto all’anno precedente. Sul fronte risparmi il 54,6% dichiara che sono diminuiti, il 36,3% si trova in una situazione analoga a quella dell’anno precedente, il restante 9,1% ha aumentato la quota del risparmio.
Ma “le disuguaglianze tra le famiglie sono evidenti. Il 79,5% delle famiglie con un basso livello socio-economico segnala una contrazione dei risparmi e solo l’1,4% ha visto un loro aumento, contro rispettivamente il 40,1% e il 16,7% delle famiglie a livello medio-alto”.
Secondo l’analisi poi l’Italia presenta una percentuale di persone a rischio di povertà prima dei trasferimenti sociali pari al 27,2% e al 18,9% dopo di essi, mentre i dati della media Ue sono pari rispettivamente al 24, 8% e al 16,2%. Il 9,8% degli italiani maggiorenni vive in famiglie in cui il reddito non è sufficiente a coprire le spese mensili. Inoltre, l’8,4% degli italiani si trova in una condizione di povertà alimentare, il 9,5% in povertà energetica e 2,7 milioni di maggiorenni sono in condizione di povertà oculistica.
Sono alcuni esempi di forme specifiche di povertà che spiegano la crescente complessità dei fenomeni di disagio sociale, non solo di natura economica, sottolinea il Censis. Il 7,0% degli italiani riceve regolarmente soldi da membri della rete familiare (genitori, nonni e altri parenti) e un ulteriore 30,6% ne riceve saltuariamente.
Welfare addio
Nel settore della protezione sociale si registra un cambiamento epocale nella percezione: è infatti ormai diffusa la convinzione che il livello di copertura del welfare pubblico si sia drasticamente ridotto nel tempo. Oggi il giudizio prevalente è che il sistema di tutela pubbliche si limita alle prestazioni essenziali, mentre per il resto si paga direttamente di tasca propria: lo pensa il 50,4% degli italiani. Il 49,4%, spiega il Censis, è convinto che occorra ricorrere a strumenti di autotutela, come polizze assicurative e fondi integrativi. E il 61,9% pensa che sia più importante usare i risparmi per proteggersi dai rischi sociali come sanità, vecchiaia e incapacità, piuttosto che per ottenere alti rendimenti da investimenti finanziari.
La “fabbrica dell’ignoranza”
In tema di istruzione, o quella che viene definita ‘la fabbrica degli ignoranti’, emerge che la mancanza di conoscenze di base “rende i cittadini più disorientati e vulnerabili”. In termini di apprendimento non raggiungerebbe l’auspicato traguardo per la lingua italiana il 24,5% degli alunni al termine del ciclo di scuola primaria, il 39,9% al terzo anno della scuola media e il 43,5% all’ultimo anno della scuola superiore (dato che negli istituti professionali sale vertiginosamente all’80%).
Un italiano su due non legge nemmeno un libro all’anno: i dati del Censis
Un disamore per la lingua e la cultura che si riflette sui dati di lettura: in Italia i lettori di libri, anche salutari (almeno un libro l’anno), nel 2023 rappresentano complessivamente il 48,3% della popolazione. Più della metà della popolazione italiana non legge affatto, dunque.
Il contraltare è che l’83,7% degli italiani si informa attraverso lo smartphone, con il 12% che guarda prevalentemente video (è il pubblico più giovane: il 16,7% nella fascia tra i 14 ei 29 anni), mentre l’8,1% guarda solo le immagini (il 9,7% tra i giovani). Per il Censis “si possono suddividere gli utenti tra lettori e visualizzatori. I visualizzatori sono ancora una minoranza, ma destinata a moltiplicarsi, sia perché incoraggiata dalle piattaforme che si fondano su questa modalità di comunicazione (Instagram, Telegram, TikTok), sia per la disabitudine a leggere testi lunghi”.