di Lapo Mazzei
In realtà in questa storia sulle Unioni civili e delle adozioni è come se non avesse vinto nessuno. Un Paese che ne discute da almeno 30 anni e alla fine si ritrova fra le mani una paccottaglia giuridica rabberciata e striminzita, dimostra di non essere ancora pronto per un confronto maturo, degno di dirsi europeo. I cattolici oltranzisti, dem compresi, e gli illuminati progressisti, ma capaci solo di spengere la luce quando la scena si fa complicata per loro, hanno solo mirato a sopravvivere, a non annullarsi a vicenda. Un po’ come la minoranza dem, orfana di tutto e sempre in cerca di un padre. Segno che questa non è stata una battaglia culturale per un mal riposto senso di civiltà, ma una commedia delle parti, una classica rappresentazione del potere che si concede alle piazze. Dunque nessuno vince. Non sale sul podio più alto il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, che voleva passare alla storia come l’uomo della provvidenza, diventando l’icona del mondo gay, centrando quel risultato che tutti i governi, a partire dal 1988, hanno fallito . Invece il premier dovrà accontentarsi di portare a casa un accordo al ribasso siglato con quell’alleato, il Nuovo Centrodestra di Angelino Alfano, che voleva ridurre ai minimi termini, mettendo Scelta Civica nella condizione di rialzare la testa, chiedendo un nuovo ruolo. Le particelle dell’atomo che si credono pianeti. Del resto doveva risvegliarsi la cattolicissima Irlanda per riaccendere in Italia l’ennesimo dibattito sulle unioni civili. Dopo la vittoria del sì nel referendum irlandese sui matrimoni omosessuali, il presidente del Consiglio si è subito precipitato a promettere: “Il disegno di legge Cirinnà sulle unioni civili sarà in Aula a luglio”. Il premier in realtà lo aveva promesso già nell’assemblea nazionale del Pd di giugno 2014: “Nel mese di settembre il Parlamento sarà chiamato a lavorare sulla proposta del Pd che peraltro è già in fase avanzata di discussione”. Poi settembre è passato, di referendum in Irlanda non si parlava, e tutti ce ne siamo dimenticati. Sono trent’anni che nel nostro Paese si parla di unioni civili e sono trent’anni che tutti provano, ma falliscono. E se non vince Renzi, non predomina nemmeno l’Ncd. Gli alfaniani incassano il risultato di scorporare le adozioni dal provvedimento Cirinnà, altra grande sconfitta, ma si alienano comunque tutto quel mondo moderato che avrebbe preferito portare l’Italia nel futuro anziché restare nel passato, un po’ oscurantista e un po’ buonista. E perdono pure i grillini, che con questa battaglia si sono dimostrati più politici della stessa politica, consapevoli che parlano a sinistra ma pescano voti a destra. Uno strabismo inconciliabile che le esigenze del momento. Dunque tutti sconfitti. E adesso che accadrà? La maggioranza di governo, per contrasto, finirà per essere una sorta di zavorra per la politica decisionista del premier, costretto a mediare e trattare. Lo stesso Renzi, fuori dal personaggio, avrà l’ingrato compito di tenere la barra dell’esecutivo che guida saldamente a dritta, pur sapendo che con l’accordo al ribasso sul decreto Cirinnà si è giocato tutto quel mondo gay che guardava alla sinistra come l’isola che non c’è. No, non sarà facile per Palazzo Chigi andare avanti come se nulla fosse accaduto e il referendum sulle riforme costituzionali potrebbe essere la cartina di tornasole dell’intero ragionamento. Perché la battaglia sulle Unioni civile ha creato la più grande disunione della politica. Con il re nudo alla meta è la corte senza più alibi.