Le unioni civili sono legge. L’Aula della Camera ha dato il via libera con 372 voti a favore, 51 contrari e 99 astenuti. In precedenza il governo aveva incassato la fiducia con 369 voti favorevoli, 193 contrari e due astenuti. “E’ un giorno di festa per tanti”, ha scritto il premier Matteo Renzi su Facebook, mentre il ministro per i Rapporti con il Parlamento Maria Elena Boschi in Aula ha indossato un nastro arcobaleno, come arcobaleno era la bandiera che sventolava in piazza Montecitorio dove gli attivisti hanno aspettato il voto. In Transatlantico ad attendere il sì dell’Aula anche la prima firmataria del ddl, Monica Cirinnà, oltre a Vladimir Luxuria con sciarpa arcobaleno al collo e l’attivista per i diritti Lgbt ed esponente Pd Paola Concia.
IL CORO DI PROTESTA – Non sono mancate però le polemiche fuori e dentro la Camera. “Ala vota fiducia al governo. Renzi salga al Colle, spieghi a Mattarella i mutati assetti della maggioranza e poi chieda una nuova fiducia alle Camere”, ha scritto su twitter il capogruppo di Forza Italia a Montecitorio Renato Brunetta. Mentre i vescovi per voce del segretario Cei monsignor Nunzio Galantino hanno definito il voto di fiducia “una sconfitta per tutti”.
LA CONQUISTA – Di “conquista storica per i diritti civili nel nostro Paese” ha invece parlato il Guardasigilli Andrea Orlando in un post su Facebook. “La nuova legge colma un lungo e colpevole vuoto legislativo che ha reso più difficile la vita di tanti cittadini italiani. Risponde a significative obiezioni che ci erano state imposte dalla corte di Strasburgo, ma soprattutto assegna diritti e doveri alle coppie omosessuali che decidono di costruire un futuro comune”. Insomma, il bersaglio è stato centrato e ora, come nei piani del premier Renzi, governo e maggioranza possono tornare ad occuparsi dei temi veri, come la campagna elettorale per il referendum sulle riforme costituzionali. L’unica vera cosa che in questa fase interessa a Renzi. Il fatto stesso che abbia deciso di ricorrere alla fiducia, nonostante l’impopolarità dell’atto, è la dimostrazione di come tutti i mezzi sono leciti per il fine ultimo. E Renzi, in questo, è estremamente machiavellico. “Se posso cambiare il Paese insieme ad altri, lo cambio. Se no, me ne vado”, dice il premier a Radio Capital, puntando i riflettori sul tema del referendum sulle riforme costituzionali. “Se non passa finirà non solo la mia carriera di presidente del Consiglio”, ha ribadito Renzi, “ma anche quella di politico. Andrei a fare altro. Io non sono come gli altri. Non resto in paradiso a dispetto dei santi”. Sulla possibilità che i magistrati possono fare campagna referendaria, Renzi taglia corto: “Non è un tema che mi interessa e sul quale intendo mettere bocca. Sono rispettoso delle regole del gioco e come capo del governo non metto bocca su come si organizzano i magistrati”. Il premier, poi, plaude all’approvazione delle legge sulle unioni civili e sulla possibilità che alcuni sindaci possano non applicarla afferma che “Nessuno ha il diritto di disapplicare la legge. Di fronte alla legge ci si ferma tutti. Anche l’amministratore ha il dovere di rispettarla”. Infine sulla possibilità che possa essere proposto un referendum per abolire le unioni civili, Renzi è netto: “Mi pare il festival della fantapolitica, siamo sicuri che un referendum del genere oggi avrebbe la maggioranza degli italiani?”. Dubbio legittimo che meriterebbe la prova delle urne.