di Stefano Sansonetti
Dall’inizio della crisi l’abbiamo sentito ripetere come un mantra: le banche devono tornare a fare le banche. Un modo per dire che, soprattutto in questa fase, ci si aspetterebbe dagli istituti di credito più attenzione alle esigenze di famiglie e imprese. Eppure ancora oggi qualche curiosa “divagazione” continua ad andare di moda. Si prenda il caso di Unicredit, che con Intesa Sanpaolo rappresenta la coppia dei big bancari italiani. Il gruppo guidato da Federico Ghizzoni, zitto zitto, ha lanciato qualche mese fa una società editrice nuova di zecca. Si chiama Europeye e si è data un obiettivo piuttosto ambizioso: lanciare una rivista di geopolitica, East, addirittura al punto di insidiare i principali concorrenti come Micromega e Limes. Cosa abbia a che fare tutto questo con l’attività bancaria è un po’ complicato da afferrare. Di certo lo scenario, come è in grado di documentare lanotiziagiornale.it, si schiarisce non appena si va a guardare chi c’è dietro l’iniziativa.
Il “ministro” banchiere ed editore. Il principale artefice dell’operazione è Giuseppe Scognamiglio, dinamico responsabile public affairs di Unicredit, che si è subito seduto sulla poltrona di presidente della Europeye. La società è controllata dall’istituto di piazza Cordusio con il 90% del capitale. A seguire c’è un 5% in mano all’European council on foreign relations, think tank internazionale guidato addirittura da Martti Ahtisaari, ex presidente finlandese e premio Nobel per la pace, e da Joschka Fischer, già ministro degli esteri tedesco. Infine il residuo 5% è in mano a una società di produzione cinematografica, la Far out films, il cui azionista di maggioranza è Fabrizia Falzetti, che è anche diventata consigliere delegato della Europeye. Ma in quest’ultima società, con il 7,2%, c’è anche Farebroz Kamkari, iraniano, regista del lungometraggio “I fiori di Kirkuk”, un film che qualche anno fa è stato prodotto non soltanto dalla Far out films, ma anche dalla Oskar, società tra i cui azionisti compare Dorotea Morlicchio, moglie proprio di Scognamiglio. Che poi quella del responsabile public affairs di Unicredit è una storia tutta particolare, che lo vede partire come diplomatico alla Farnesina. Attività che gli frutta la qualifica di “ministro”, a cui pare che Scognamiglio tenga molto. Successivamente si registra un suo passaggio nelle gerarchie ministeriali: prima consigliere diplomatico con Piero Fassino al commercio estero, poi la stessa funzione con Enrico Letta. Ma soprattutto il grande punto d’appoggio di Scognamiglio è Paolo Fiorentino, chief operating officer di Unicredit, il manager che ha seguito da vicino le tribolate vicende della Roma calcistica.
Obiettivo: fare concorrenza a Micromega e Limes. C’è un verbale del consiglio di amministrazione del 17 dicembre 2012 in cui si espongono nel dettaglio gli obiettivi di Europeye. La società ha rilevato della stessa Unicredit proprio East, rivista bimestrale di geopolitica che in questi anni non ha dato grandi risultati. Secondo le ambizioni di Scognamiglio, racconta il verbale, la rivista “dovrà essere presente sia nel settore tradizionale delle riviste cartacee che tra quelle che operano via web, con grande attenzione ai costi. La tendenza a cui il progetto aspira è di riuscire ad avere 5 mila punti retail sui 30 mila disponibili, aspirando ai target delle riveste concorrenti, identificabili con Micromega e Limes”. Sul sito di East, proprio per contribuire al lancio, è già apparso l’editoriale di Scognamiglio relativo al numero di marzo/aprile 2013. Dal titolo sin troppo eloquente, “Niente Europa, siamo inglesi”, il contributo scaglia un attacco durissimo nei confronti del Regno Unito. “Questa leadership inglese è modesta”, scrive Scognamiglio riferendosi a David Cameron, “non riesce a interpretare correttamente i bisogni e, soprattutto, le attuali difficoltà del proprio paese”. Elogi ampi, invece, per la Turchia. “L’unico leader europeo che è riuscito a interpretare il valore della sua leadership trascinandosi dietro un’intera nazione verso obiettivi alti, noncurante dei sondaggi, è stato il turco Erdogan, che ha modernizzato il paese a tappe forzate, riuscendo anche a imporre scelte non sempre facili”. Dopotutto Unicredit proprio in Turchia controlla uno dei principali istituti di credito, Yapi Kredi Bank.