Tutto congelato, o quasi. Il secondo turno delle elezioni legislative francesi frena l’ascesa dell’estrema destra e fa tirare un sospiro di sollievo a Bruxelles e nelle principali capitali europee. Con un’eccezione: Roma. La sconfitta di Marine Le Pen rischia di avere conseguenze pesanti anche per la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni.
Non tanto per la mancata avanzata della destra, di cui la leader di Fratelli d’Italia si preoccupa relativamente, non essendo mai stata una stretta alleata di Le Pen, al contrario di Matteo Salvini. Quanto perché Emmanuel Macron esce da queste elezioni molto meno indebolito di quanto sperasse Meloni.
Una situazione che rende più difficile l’ottenimento della vicepresidenza esecutiva della Commissione europea da parte dell’Italia. Che puntava a un portafoglio di peso: l’economia era da escludere dopo i cinque anni di Paolo Gentiloni, ma la speranza di ottenere una delega al bilancio o al mercato interno si scontra proprio con le ambizioni di Parigi, che escono tutt’altro che indebolite dal voto.
La sfida tra Meloni e Macron
Macron è in questo momento il principale rivale di Meloni in Ue. Non solo per la lontananza politica e personale, peraltro mai nascosta, tra i due. Ma anche perché vogliono entrambi una vicepresidenza esecutiva della Commissione. E ora, con un Macron che ha evitato la sconfitta interna, la partita si fa più difficile per l’Italia. Le elezioni legislative francesi hanno infatti scongiurato la nascita di un governo guidato dal Rassemblement National di Le Pen e Bardella.
Quello che sarebbe stato, invece, lo scenario ideale per Meloni, che sperava in un Macron più debole dal punto di vista contrattuale a Bruxelles. Peraltro questo risultato non indebolisce neanche l’asse franco-tedesco che in Ue sembra continuare a decidere quasi tutto, come avvenuto anche sulle recenti nomine.
C’è poi un’altra buona notizia per Macron: dalle elezioni potrebbe nascere un governo moderato, quasi tecnico, tenendo insieme tutte le forze moderate – dai Socialisti ai Repubblicani – con la formazione di Macron ancora al centro. Il che vorrebbe dire anche escludere altre pulsioni non gradite in Ue, come quelle di Mélenchon, considerato troppo spostato a sinistra dall’Ue. Macron può così ribadire la sua richiesta di ottenere la vicepresidenza esecutiva con la delega al Mercato interno, prenotata per Thierry Breton.
Posizione che ora sembra sempre più difficile da raggiungere per Meloni, che sperava invece in Le Pen, la quale aveva già annunciato che in caso di vittoria sarebbe spettato al nuovo premier francese indicare il prossimo commissario. Non andrà così e quindi è probabile che il nuovo commissario venga indicato da una maggioranza di cui Macron farà parte. O, come sembra ancora più probabile, lo stallo porterà a non avere un governo così presto e il presidente francese potrebbe quindi avere mani libere in Ue, non essendoci ancora un governo a Parigi.
Il bivio
In questa partita conterà anche la decisione al Parlamento europeo di Fratelli d’Italia, sempre più al bivio. Il Gruppo di Ecr dovrebbe andare in ordine sparso al voto della plenaria dell’Europarlamento sul bis di Ursula von der Leyen. E il partito di Meloni aspetterà fino all’ultimo per decidere cosa fare: si parla anche dell’ipotesi di una astensione costruttiva.
Intanto una decisione Meloni sembra averla presa: il favorito per la commissione è l’attuale ministro Raffaele Fitto. Che anche a Bruxelles potrebbe tenere la delega al Pnrr, questa volta in ambito europeo. Proprio Fitto ha anche ricevuto un importante endorsment da Antonio Decaro, ex sindaco di Bari, ex presidente dell’Anci e oggi eurodeputato del Pd.
Un altro indizio che fa pensare al ministro sempre più con le valigie in mano, direzione Bruxelles. Ma con quale delega è ancora presto per capirlo e, di certo, le elezioni francesi non hanno rappresentato l’assist in cui Meloni sperava per strappare la vicepresidenza esecutiva della Commissione a Macron. La strada è ancora in salita.