“Una politica tutta tagli e tasse. Ecco il neoliberismo di Meloni”: parla Torto (M5S)

“Dopo averne sparate di tutti i colori in campagna elettorale adesso la realtà presenta il conto al governo”.

“Una politica tutta tagli e tasse. Ecco il neoliberismo di Meloni”: parla Torto (M5S)

Nel 2023 il Pil è risultato pari a 0,7%. E per quest’anno la variazione acquisita del Pil è indicata allo 0,4%, in ribasso rispetto a quella diffusa il 2 settembre (0,6%). Daniela Torto, capogruppo M5S in commissione Bilancio della Camera, sempre peggio?
“Sempre peggio, ma purtroppo tutto già ampiamente prevedibile sin dalla prima Manovra del governo Meloni, quella per il 2023. Deve essere ormai chiaro che questo esecutivo, lungi dall’essere incapace, ha esercitato una chiara opzione neoliberista, con un approccio di politica economica basato sull’austerità di chi infierisce con tagli, privatizzazioni, impoverimento del lavoro, enfasi data al solo export mentre la domanda interna crolla. Tutto per svuotare ulteriormente le tasche di chi è già difficoltà! Un approccio che sta portando all’azzeramento del ritmo di crescita e all’aumento del debito pubblico. Perché fanno tutto ciò? Semplice, perché a questa destra interessa compiacere solo piccole porzioni di società, non preoccupandosi minimamente del tessuto sociale ed economico dell’intero Paese”.

La pressione fiscale nel secondo trimestre dell’anno è stata pari al 41,3%, in aumento di 0,7 punti percentuali rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.
“Nella visione austera della politica economica, portata avanti dal duo Meloni-Giorgetti, c’è l’ossessione per l’avanzo primario, da conseguire a ritmi crescenti anche quando l’economia vive una fase difficile come adesso. È tutto indicato nel Piano strutturale di bilancio: si vuole a tutti i costi uno Stato in cui le entrate siano costantemente crescenti rispetto alle uscite, condizione che si può ottenere solo a colpi di tagli e nuove tasse. A pagarne il conto, soprattutto in un quadro macroeconomico in rapido deterioramento, saranno i medici, gli infermieri, gli insegnanti, le piccole imprese, il tanto sbandierato ceto medio, i pensionati, gli investimenti per garantire uno sviluppo inclusivo e sostenibile”.

Giorgetti ha chiesto più sacrifici per tutti ovvero più tasse per tutti. E i suoi alleati, a partire dai suoi colleghi leghisti, gli si sono rivoltati contro. A chi dobbiamo credere?
“Crediamo a quel che vediamo: un cappio messo al collo dell’Italia da un governo che ha ceduto accettando il Patto di stabilità. Una prima applicazione è rappresentata dal Piano strutturale di bilancio, che prevede per i prossimi anni un aumento medio della spesa primaria netta dell’1,5%: pura follia! La stanno denunciando autorevoli economisti e osservatori e si tradurrà in un costante taglio della spesa reale, al netto dell’inflazione. Questo avrà ripercussioni su tutti i principali settori, dalla sanità all’istruzione. Anche quando i livelli di spesa nel singolo anno dovessero essere leggermente superiori ci troveremo, come per esempio accade già adesso nella sanità, a spendere più risorse per comprare macchinari per fare la Tac anche se, di fatto, ne acquisteremo in numero minore. Giorgia Meloni si presenterà in tv a dire che nella sanità si spendono più risorse in termini assoluti, senza dire che in rapporto al Pil siamo già scesi al livello più basso del 2007. Sono costretta a insistere: questa è l’austerità delle destre, niente di più, niente di meno. E la sua applicazione nella sanità si traduce nel fatto che chi ha di più può permettersi la sanità privata, premiata da uno Stato in totale ritirata, mentre gli altri dovranno arrabattarsi tra liste di attesa o rinuncia alla cure”.

Giovedì sindacati e imprese hanno duramente criticato il Piano strutturale di bilancio. Nessuna sorpresa?
“Un Piano nel quale si taglia la spesa reale, in cui si delinea un aumento delle tasse, presentato da un ministro dell’Economia che annuncia senza mezzi termini una stagione di sacrifici per tutti, non rappresenta purtroppo una sorpresa. Gli italiani se ne stanno accorgendo, del resto basta entrare in un supermercato o provare a comprare i libri scolastici ai figli per capire quanto il portafoglio si sia già assottigliato. Rispetto a questo dramma, con l’Inps che ha certificato il crollo del 10% del potere di acquisto dei lavoratori italiani, la mera conferma del taglio del cuneo contributivo non porterà un euro in più in busta paga. Diciamoci la verità, la Meloni in campagna elettorale ne ha sparate di tutti i colori: pensioni minime a mille euro, flat tax per tutti, abolizione delle accise, non disturbare chi vuole fare impresa e via dicendo. Non sta mantenendo fede a niente”.

A proposito di Piano strutturale di bilancio voi denunciate l’immobilismo del governo che non utilizza la clausola, prevista dalle nuove regole europee, che gli Stati possono attivare per rivedere parametri dannosi e vessatori come il Pil potenziale o il livello di disoccupazione necessario a evitare un aumento dell’inflazione. Ci spiega meglio?
“Sappiamo che il danno è fatto. Con la genuflessione alla Germania, il governo italiano ha riportato a Roma un Patto di stabilità che ci lega mani e piedi per i prossimi 7 anni, con una correzione dei conti da 13 miliardi l’anno. C’è però una breccia nel Patto, come ha autorevolmente sostenuto un gruppo di economisti, guidati da Emiliano Brancaccio, che abbiamo audito nelle Commissioni bilancio di Camera e Senato: nell’impianto delle nuove e dannose regole europee c’è una clausola che consente agli Stati di chiedere la revisione di alcuni parametri che influiscono sui percorsi di correzione dei conti. Uno di questi parametri, il Pil potenziale, ha storicamente penalizzato l’Italia, costringendola a sacrifici che oggi ci dobbiamo assolutamente risparmiare. Insieme al collega Fenu ho presentato proprio alla Camera un’interrogazione per chiedere al ministero dell’Economia di attivare immediatamente questa clausola, al fine di attutire l’impatto draconiano che questo Patto di stabilità sta già producendo sull’Italia”.

Il Psb parla di allineare le accise del gasolio a quelle della benzina. Una nota del Mef spiega che si tratterà solo di una rimodulazione delle due voci.
“Siamo di fronte alla consueta e penosa sceneggiata del governo. Cosa vuol dire allineare? Vuol dire giostrare le accise di benzina e diesel in modo da fare cassa, esattamente come Meloni e Giorgetti hanno fatto appena insediati, cancellando gli sconti sulle accise che avevano ereditato. Sappiamo tutti come è andata a finire: prezzo del carburante alle stelle e il Governo che ha fatto lo scaricabarile sui benzinai, infliggendo al Paese anche giorni di sciopero su tutta la rete. Purtroppo Meloni e compagnia pensano che gli italiani abbiano l’anello al naso. Ed è così, purtroppo, che si diventa pericolosi per il Paese”.