di Elisabetta Villaggio
E’ l’outsider ai David di Donatello, gli Oscar italiani che si terranno il 14 giugno. Si contende il titolo con Margherita Buy, Jasmine Trinca, Valeria Bruni Tedeschi e Tea Falco. Stiamo parlando di Thony, nome d’arte di Federica Victoria Caiozzo palermitana da parte di padre e con mamma polacca. È candidata come miglior attrice per Tutti i santi i giorni di Paolo Virzì che inizialmente l’aveva chiamata per le musiche ma poi l’ha voluta come protagonista del film. La incontriamo in un caffè del centro, a Roma. Arriva puntuale ma è ancora assonnata, la sera prima ci sono stati i Ciak d’oro, dove la sua Flowers Blossom ha conquistato la Miglior Canzone Originale, ma comunque, dice, le piace fare tardi e la mattina fa fatica ad alzarsi.
Tu nasci come musicista. Quando hai deciso che ti interessava la musica?
A 11 o 12 anni. Non avevo scritto canzoni ma ero sicura che avrei fatto questo.
Come definiresti la tua musica?
Lunare e intimista.
E recitare?
Paolo mi ha chiamata per le musiche, aveva visto un mio video. Non avevo mai pensato di fare l’attrice. Mi è arrivata una mail della produzione che diceva che Virzì mi voleva parlare. Inizialmente pensavo fosse uno scherzo. Ci siamo incontrati, mi ha detto che le mie canzoni potevano essere giuste per il personaggio femminile poi mi ha chiesto se volevo provare a recitare delle scene ed è andata così.
Hai seguito il tuo istinto o ti sei affidata a Virzì?
Un po’ questo un po’ quello. Paolo è un regista che sa tirare fuori esattamente quello che vuole. Io sono un’emotiva e nel film questo è venuto fuori e ha reso tutto molto fluido.
Nella vita personale, nei rapporti c’è questa ricerca di perfezione, di precisione?
Io sono un po’ ossessiva, divento paranoica nella ricerca delle cose, sono maniacale per il mio gusto estetico e non so come questo mio lato possa trasferirsi sul lavoro di attrice. In realtà non sono una precisa anzi. Ho un senso estetico che va oltre la mia volontà, cerco una perfezione ma faccio fatica a raggiungerla. Nei rapporti credo di essere un po’ assente certe volte. Ho poche attenzioni, penso spesso a cose da fare e per il problema della precisione aspetto, aspetto e poi non faccio nulla. Vivresti all’estero?
Ho vissuto in Inghilterra, a Brighton per un anno, avevo 23-24 anni facevo la cameriera in un teatro. Sono andata a Londra ma era troppo grande e dispersiva. Ogni giorno c’era una festa e ho capito che lì non avrei fatto niente di buono. Mi hanno parlato di Brighton, mi hanno detto che lì erano tutti artisti. Sono andata e ho iniziato a lavorare in questo teatro che faceva le comedy in un piano e a quello inferiore la musica così ho iniziato a vedere i concerti gratis. Mi ricordo di quel periodo con molto affetto. L’Italia mi piace, è difficile staccarsi. A Roma della Sicilia mi manca quella confidenza che c’è tra le persone.
La scelta del tuo nome?
Al liceo ho fatto un corso di calcetto, ero negata e per prendermi in giro mi chiamavano Luca Toni. Inoltre mia madre mi ha raccontato che quando era incinta di me era convinta che sarei stata un maschio e aveva deciso di chiamarmi Anthony.
La sera dei David si avvicina. Ci pensi?
No, l’altra sera c’erano i ciak e come in una scena del film durante la cena mi sono trovata a suonare una mia canzone nella totale indifferenza, è stato un cerchio che si è chiuso.
Da grande come ti vedi?
Stavo pensando di andare a vivere a Vulcano, alle Eolie, per un anno o due. Ma devi avere molta forza interiore, d’inverno non c’è niente, ci sono solo 20 persone…