Non un vertice di maggioranza tecnico è stato quello che si è tenuto ieri sulla Manovra e, in generale, sulla ripresa dei lavori parlamentari con le riforme costituzionali sullo sfondo. L’assenza del ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, lo ha confermato.
I mal di pancia di Giorgetti hanno cause reali. Non è colpa del Superbonus ma della prossima Manovra
Si è parlato di metodo più che altro, i numeri e le tabelle verranno dopo. Il quadro dei conti pubblici, del resto, ancora non è definito. Per quello servirà la Nadef, la nota di aggiornamento al Def, attesa per il 27 settembre. Ma si sa già da ora che il quadro non sarà affatto rose e fiori. E non per colpa del Superbonus, come vuol farci credere il governo. Superbonus di cui ieri Nomisma, e non il M5S, ha certificato ancora una volta il suo innegabile valore economico. I mal di pancia di Giorgetti hanno cause reali.
Il Pil è in frenata. Dopo il risultato del secondo trimestre pari a -0,4% certificato dall’Istat, la Commissione europea è in procinto di tagliare la previsione di crescita per quest’anno. Il governo l’ha fissata all’1%. Bruxelles dovrebbe ridurla di almeno un paio di decimali. Il deficit, poi, potrebbe essere rivisto al rialzo, dal 4,5% del Pil indicato nel Def si potrebbe salire quest’anno – come anticipato da un’analisi di Bloomberg – verso il 5% nella Nadef. Non ci sono risorse sufficienti per realizzare le promesse elettorali. Quota 41 per andare in pensione, cara alla Lega, rimane un miraggio. Sarà tanto se verrà prorogata Quota 103.
La Sanità reclama 4 miliardi. Poi sempre i leghisti puntano in alto, tra flat tax e Ponte sullo Stretto. E ci sono anche il caro-carburanti e gli aiuti per le bollette in scadenza. In totale i partiti reclamano 40 miliardi a fronte di circa otto miliardi disponibili sul tavolo. Il vertice di maggioranza di ieri, dunque, è stato un incontro politico voluto da Giorgia Meloni per ribadire il messaggio che lei e il ministro dell’Economia vanno diffondendo da giorni, se non mesi, ovvero che “non c’è trippa per gatti”.
Meloni in campagna elettorale prometteva miracoli ora chiede ai suoi ministri di riporre i sogni nel cassetto
Che più nobilmente si può tradurre in “i margini sono stretti, strettissimi”. L’obiettivo per la premier era quello di serrare i ranghi, evitare che ci siano richieste che possano provocare un assalto alla diligenza, e raccomandare ancora una volta prudenza. “Si preannuncia un anno complesso che la maggioranza è pronta ad affrontare con determinazione e serietà, a partire dalla Legge di Bilancio sulla quale i partiti della maggioranza sono tutti concordi nel concentrare le risorse su salari, sanità, famiglie e pensioni, a partire da quelle dei giovani”, è quanto fa filtrare Palazzo Chigi al termine del vertice. Ma si tratta di pochi spicci.
Il grosso della Manovra sarà concentrato sulla proroga della sforbiciatina del cuneo fiscale e poco altro. Non solo legge di Bilancio, si continua “a lavorare sulle riforme attese da questa Nazione come la delega fiscale, l’autonomia differenziata, la riforma della Giustizia, e la riforma Costituzionale che nelle prossime settimane arriverà a definizione”, fanno sempre sapere fonti di governo. Sarebbe stata ribadita, poi, anche la compattezza della coalizione, “che ha affrontato brillantemente l’ultimo anno nonostante i tentativi di divisione e sabotaggio”.
Ma i tentativi di sabotaggio, checché ne dicano, arrivano dall’interno e non dall’esterno. La maggioranza, proprio ieri, era senza numeri in commissione Lavoro alla Camera sul decreto in materia di tutela dei lavoratori in caso di emergenza climatica, il cosiddetto ‘dl Caldo’. Il centrodestra “era in minoranza e hanno sospeso i lavori per evitare di andare sotto”, hanno denunciato le opposizioni.