Se i primi giorni di campagna elettorale sono il termometro di quello che ci aspetta sarà un agosto duro, oltre che caldo. Non si è ancora posata la polvere in Senato – dove il bluff del “governo di unità popolare” si è sbriciolato di fronte agli interessi particolari – e già accadono immaginabili storture che tutti avevano negato fino poco tempo fa.
Se i primi giorni di campagna elettorale sono il termometro di quello che ci aspetta sarà un agosto duro, oltre che caldo
C’era una volta il famoso “centro”, quello che questa volta prometteva di potercela fare da solo, c’erano – ve li ricordate? – gli pseudocompetenti italiani che giuravano su un nuovo “polo liberale” che avrebbe corso da solo, alla faccia della destra sporca e cattiva e del PD sporco e cattivo. Nel centro che prometteva di camminare sulle proprie gambe c’era poi Carlo Calenda che si era spinto più in là: «nessun polo, noi corriamo da soli», ripeteva il leader di Azione.
E poi c’era Renzi – che intanto ha messo il proprio nome nel logo del partito, sempre a proposito dei partiti personalistici che diceva di odiare tanto – che si diceva pronto a correre per le lezioni senza bisogno di nessuno.
Bene, sono passati tre giorni e ora Calenda è ormai legato mani e piedi al Partito Democratico: il suo polo liberale è la sua polo che indosserà nella foto di gruppo del “campo largo” guidato da Enrico Letta. È vero che con questa pessima legge elettorale e con la riduzione dei parlamentari è praticamente impossibile non costruire un’alleanza elettorale (che è ben diversa da una coalizione politica, qui l’Ulivo non c’etra proprio niente, nonostante alcuni commentatori ancora non l’abbiano capito) ma la situazione era chiara da tempo, anche quando Calenda – che vorrebbe passare per serio – poco seriamente immaginava scenari non praticabili.
Matteo Renzi invece ha perso la sua sicumera e invertito la rotta. Memorabile la sua dichiarazione di sabato scorso: “Se Enrico Letta e il Pd riusciranno a mettere insieme una grande alleanza, un fronte repubblicano credibile e coeso, allora saranno forti. Se, invece, il Pd rinuncerà a questo ruolo, avrà la responsabilità di portare al governo la peggior destra europea”, dice Renzi. Tradotto semplice semplice: «per favore non lasciatemi a piedi». Non male.
Letta, da canto suo, dice di essere pronto a imbarcare anche Brunetta e Gelmini (e tutti quelli che molleranno Berlusconi dopo averlo munto finché tornava utile) e in giro s’ode questa ridicola tentazione di incoronarli statisti. Brunetta addirittura si merita un’intervista in cui racconta del bodyshaming subito da Berlusconi.
Sia. chiaro: il bodyshmanig fa schifo, sempre. Solidarietà a Brunetta. Fa schifo anche la violenza politica che Brunetta ha adottato in tutta la sua carriera contro la povera gente. Il lato umano della povera gente falcidiato dal livore concimato da Brunetta però non lo leggiamo sulla stampa.
Che sarebbe la pena non esagerare con la riabilitazione di certi personaggi lo dice anche Pierfrancesco Majorino, europarlamentare del PD: “Il gruppo dirigente nazionale del #PD dice una cosa molto giusta. Proposte concrete, innanzitutto su sociale e ambiente, attenzione ai contenuti etc. Parliamo di questo non di altro. È la strada maestra. Poi però se ti imbarchi #Brunetta e c. quella strada la uccidi”, scrive.
In tre giorni intanto l’agenda Draghi non è più il vessillo unico del campo largo. «Usciamo rapidamente da questo tormentone dell’agenda Draghi», dice Letta in un’intervista. E chi l’ha lanciato, fateci capire, il tormentone?
A destra? A destra siamo messi con Salvini che dice “mi faccio la barba, mi mangio la salsiccia e sudo…Non sono mica come quelli del Pd che non sudano mai. Pensandoci, non ho mai visto #Letta sudato” e Giorgia Meloni che ammette forse di avere qualche volta sbagliato i toni, senza rendersi conto che il suo problema sono i contenuti e le cattive compagnie.
Dal M5S per ora tutto tace. Non sarebbe invece ora di muoversi?
Leggi anche: Elezioni, nei programmi dei partiti idee molto diverse sul Paese