di Gaetano Pedullà
La macchina della guerra si è messa in moto. Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia e pochi altri Paesi autoproclamatisi gendarmi del mondo sono pronti ad attaccare la Siria. Non si sa ancora come, se con bombardamenti aerei o con missili lanciati a distanza, però l’assalto a questo punto potrebbe essere questione di ore. Un’accelerazione che impone qualche domanda, visto che la guerra civile contro il regime di Assad va avanti da quasi due anni nell’indifferenza generale. Washington fa leva sulla punizione per l’uso di armi chimiche, ma ad oggi non si sa chi ha usato quel veleno. I ribelli accusano apertamente l’esercito, mentre per il governo di Damasco sarebbero stati gli stessi insorti a usare i gas vietati da ogni convenzione internazionale proprio per scatenare una reazione militare dell’Occidente. E dire che l’alibi delle armi chimiche gli Stati Uniti l’hanno già utilizzato esattamente dieci anni fa, prendendo un abbaglio. All’epoca il segretario di Stato Colin Powell mostrò una falsa prova per convincere il Congresso che il regime iracheno di Saddam Hussein si stesse preparando a usare queste armi contro la popolazione. A guerra finita e Saddam ucciso si scoprì però che non era vero niente. Così come non si era indignato nessuno quando molti anni prima uno stesso cugino di Saddam – detto non a caso Alì il chimico – fece una strage di kurdi lanciando gas letali con gli elicotteri Usa lasciati in Irak dopo la prima guerra del Golfo. Ora è chiaro che le foto drammatiche dei civili e soprattutto dei bambini uccisi dalle armi chimiche hanno generato consapevolezza e il giusto orrore nel mondo. Per questo La Notizia – a differenza di altri – ha pubblicato queste immagini con grande evidenza. Ma la reazione doveva essere di pressione diplomatica. Doveva essere investire nella pace metà della metà dei tanti miliardi che potrebbe costare questa nuova guerra. Qui sembra invece che a vincere sia sempre e solo il cannone. Una barbarie contro la barbarie.