di Stefano Sansonetti
In un paese in cui non si smette mai di parlare del turismo come di un potenziale “oro nero” per l’economia, la sua nascita poteva anche avere un senso. Ma dopo otto anni di storia travagliata, e in buona parte inconcludente, quello che viene delineato all’interno dell’ultima legge di stabilità sembra l’ennesimo tentativo di rianimare un corpo praticamente morto. Al centro della scena c’è Promuovi Italia, la società per azioni controllata dall’Enit, l’agenzia nazionale del turismo oggi guidata dall’ex direttore generale della Rai, Pier Luigi Celli. Per capire cosa sia diventata oggi la spa pubblica, basta vedere i nomi dei suoi dirigenti e consiglieri di amministrazione, dove spiccano ex politici, ex sindacalisti, ex assessori e consulenti a non finire. Per questo la manovra di Enrico Letta, che trasferisce il capitale della società dall’Enit al Tesoro, in attesa di un’eventuale e successiva razionalizzazione, sa un po’ di “non decisione” sul futuro di un carrozzone di Stato che nonostante tutto resiste.
Scivolo d’oro
Ora la società, che dovrebbe sempre occuparsi di promozione di turismo e dintorni in qualità di “agenzia di assistenza tecnica”, è presieduta da Costanzo Jannotti Pecci, ex presidente di Federturismo. Il suo vicedirettore operativo, Stefano Orsini, forte di un compenso annuo di 201 mila euro, è un ex assessore alle attività produttive della provincia di Latina. L’assistente della direzione generale, Antonino Bussandri, stipendio annuo da 132 mila euro, è un ex dirigente provinciale della Cgil funzione pubblica. Quello che fino a poco tempo fa era il direttore generale, Francesco Montera, è uomo di fiducia del deputato del Pdl Giuseppe Galati, che dal 2001 al 2006 è stato sottosegretario al ministero delle attività produttive e ha un po’ tenuto a battesimo Promuovi Italia, nata nel 2005 proprio nella pancia del dicastero di via Veneto. Ancora, nel cda della società siede tutt’ora Massimo Ostillio, ex deputato nelle file prima della Margherita e poi dell’Udeur, già sottosegretario alla difesa nel governo di Giuliano Amato ed ex assessore al turismo in Puglia nella giunta guidata da Nichi Vendola. Dal sito della società si apprende che oggi i suoi dipendenti sono circa 60. Accanto ai quali, però, per il solo 2013 risultano attivi ben 66 consulenti. Si tratta di collaboratori a progetto che, compresi quelli incamerati negli anni precedenti e ancora pagati, nel 2012 hanno avuto un peso sulle casse della società di 4 milioni e 780 mila euro. L’anno prima incidevano sul bilancio per 6 milioni e 307 mila euro. Costi davvero considerevoli, anche se in discesa, per un’azienda che ha comunque perso 290 mila euro nell’ultimo esercizio.
Il nodo
Ma il problema vero, a cui la manovra predisposta da Letta e dal ministro dell’economia, Fabrizio Saccomanni, non sembra dare risposta, è capire cosa sia Promuovi Italia. Già, perché nel 2005, nata sotto forma di srl, era partecipata dal ministero delle attività produttive, Unioncamere ed Enit. Dopo qualche anno l’assetto viene giudicato insoddisfacente. E così si provvede ad affidarne il capitale integralmente all’Enit, dal 2008 al 2012 guidato da Matteo Marzotto. Nello statuto, però, si prevede che i diritti dell’azionista vengano esercitati da palazzo Chigi, per il tramite del Dipartimento affari regionali, turismo e sport. Nel bel mezzo di questi cambiamenti, inoltre, si decide che le attività esercitate da Promuovi Italia per l’incentivazione delle attività imprenditoriali, eredità del ministero dello sviluppo, vengano trasferite a Invitalia, società del Tesoro per l’attrazione degli investimenti. Per poi arrivare alla manovra Letta-Saccomanni. In essa si prevede il trasferimento delle azioni al Tesoro, ma si affida al ministero dei beni culturali, che nel frattempo ha inglobato il turismo, l’esercizio dei diritti dell’azionista. Il tutto, prosegue la manovra, in attesa che il ministro “dalemiano” Massimo Bray compia un’operazione di fusione tra le varie società del suo dicastero, tra cui spiccano altri semi-carrozzoni come Arcus e Ales. Nel frattempo, senza una missione precisa e con costi alle stelle, Promuovi Italia continua a sopravvivere.