Se alle elezioni vince il Pd, allora vincono tutti. Ma se dovessero andare male, i colpevoli saranno presto indicati: Matteo Renzi e i suoi candidati. Il giorno dopo la direzione del Partito democratico, la minoranza ha già preparato la strategia per i prossimi mesi. Alle Comunali garantirà pieno appoggio agli uomini scelti per la carica di sindaco. “Faremo il nostro”, assicurano gli esponenti della sinistra. “Ma un fatto è certo: dopo l’intervento di Gianni Cuperlo in direzione niente più è come prima”, assicura a La Notizia uno dei rappresentanti della minoranza dem. I renziani hanno risposto con una prova di forza: l’approvazione della relazione illustrata dal segretario. Ma il salto di qualità nello scontro non è passato inosservato. “Nessuno di loro può competere con Renzi per la leadership”, sbotta un renziano di alto rango. E quindi? “Al momento del dunque vedremo davvero i rapporti di forza. E chi rappresenta ancora gli elettori”, aggiunge un “uomo del segretario”. Del resto il ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni, è giunto in soccorso del leader: “C’è una concezione proprietaria della minoranza, o il partito siamo noi o non esiste”.
NON SOLO PETROLIO
Comunque la si metta, il Pd si è spaccato sul petrolio. Quello relativo all’emendamento sulla Tempa Rossa, ma anche il petrolio riferito ai referendum sulle trivellazioni. Insomma è stato il tema che ha fatto da detonatore alle tensioni interne che si erano addensate negli ultimi mesi. Nonostante l’ostentazione di sicurezza, tra i fedelissimi del segretario è stato annotato un fatto: l’affondo della minoranza è arrivato nel momento di maggiore difficoltà di Matteo Renzi, alle prese con il caso-Guidi e con Maria Elena Boschi bombardata su più fronti. E ha sorpreso anche il modo con cui è maturato l’attacco: a viso aperto (“lo dico in faccia come piace a te”, ha rivendicato Cuperlo), senza avere la protezione dell’intervista. Il senso di questo approccio è spiegato in maniera sintetica nei discorsi del day after: “Ora non è nulla più scontato. Anche i provvedimenti del governo dovranno essere valutati senza che ci sia un nostro sostegno sicuro”. Parole forti che probabilmente risentono del nervosismo post direzione. Ma che lasciano intendere l’avvio di una fase nuova nei rapporti interni al Pd. Perché la questione non è solo connessa al petrolio: le radici sono molto più profonde e riguardano il comportamento renziano.
IL FUTURO DEL PD
Al di là dei ragionamenti a taccuini chiusi, l’ex capogruppo del Pd alla Camera, Roberto Speranza, ha parlato chiaro: “Non possiamo mettere la testa sotto la sabbia”. A fargli eco Marco Sarracino, il candidato sconfitto nelle primarie a Napoli: “A tutto c’è un limite”. Ma la campagna elettorale non si apre nel migliore dei modi: tra pochi giorni c’è il referendum sulle trivelle, poi entrerà nel vivo il confronto per le Comunali. E, stando alle promesse, la lealtà della minoranza non dovrebbe venire meno. Eppure qualcosa si muovecon una maggiore unità tra gli ex capi della ditta. Da Pier Luigi Bersani a Gianni Cuperlo, passando per Guglielmo Epifani e Roberto Speranza. E tra i possibili interlocutori ci sono pure renziani delusi. Tipo Michele Emiliano.